«Non vedo l’ora di commentare il match tra Inghilterra e Galles»

Per l’Euro svizzero, l’ASF ha formato 15 speaker per animare l’ambiente negli otto stadi ospitanti. Abbiamo incontrato Nadia Holdener, una di loro, che ci ha spiegato come il progetto preveda «il graduale inserimento di queste figure anche all’interno del campionato femminile e maschile. Lo scopo è integrare sempre più donne nel calcio rossocrociato».
Nadia, innanzitutto come sta? Agitata per il suo debutto di venerdì nel match tra Germania e Polonia?
«Sto molto bene, grazie. La pressione c’è, non lo nego. Ma direi che a vincere è l’eccitazione. Non vedo l’ora di cominciare».
Una speaker allo stadio, va da sé, non può vivere di questo. Qual è dunque il suo “vero” lavoro? Ha a che fare con questo mondo o non c’entra nulla?
«Una correlazione tra le due realtà esiste. Per più di vent’anni ho lavorato nell’ambito dei media. Dal 2003 al 2012 ho collaborato con la SRF in qualità di presentatrice per un programma per bambini. Ora invece sono una ricercatrice universitaria a Zurigo. Mi occupo di social media storytelling. À côté, sono pure una creatrice di contenuti social ed elargisco anche corsi sulle strategia online e la produzione di video».
Come ha saputo dell’opportunità offerta dall’ASF?
«Tramite un bando di concorso, molto semplicemente. Si cercavano 15 o 16 speaker per Euro2025 e per i campionati svizzeri. Un’iniziativa che rientra nel progetto “Legacy” a cui l’Associazione svizzera di calcio tiene molto, e che punta a integrare sempre più figure femminili nel mondo del calcio rossocrociato. L’idea mi è piaciuta subito, dunque mi sono candidata. Dopo un’attenta cernita, l’ASF ha deciso di puntare su di me e altre 14 ragazze. Negli ultimi mesi abbiamo seguito diversi corsi e fatto parecchi test, sia teorici sia pratici. Tra questi, rientrava per esempio l’obbligo di seguire come un’ombra uno speaker già formato per “rubare il lavoro” e fare le nostre prime prove in solitaria. E ora siamo qua (sorride, ndr)».
L’emozione del primo match commentato?
«Molto grande. Ma più che pressione ricordo la gioia di conoscere tante altre donne vogliose di lanciarsi in questa nuova avventura e di integrare sempre più quote rose nella realtà calcistica. La comunità femminile al momento è piccola, ma molto determinata ad arrivare lontano».
Si è allenata tanto anche a casa di fronte allo specchio?
«Dato che non vengo vista quasi da nessuno non ho usato uno specchio, ma piuttosto qualunque oggetto paresse un microfono (ride, ndr). Battute a parte, certo, mi sono esercitata parecchio. La parte più difficile era il trasporto delle emozioni. Annunciare a pieni polmoni un gol davanti a un divano non fa lo stesso effetto che farlo in uno stadio pieno (altra risata, ndr)».
La fase a gironi prevede tre partite al kybunpark. Germania-Polonia il 4 luglio (gruppo C), Francia-Galles il 9 luglio (gruppo D) e nello stesso girone Inghilterra-Galles il 13 luglio. Qual è l’incontro che non vede l’ora di commentare?
«Difficile da dire. Tutti e tre promettono emozioni. Ammetto però di avere una certa preferenza per il terzo scontro, data la rivalità storica tra le due terre».
E qual è invece la frase che urlerà con maggior trasporto?
«Forse il benvenuto, d’altronde la prima frase sarà il mio biglietto da visita. Ogni intervento sarà però importante. Particolare attenzione andrà poi data all’annuncio delle due rose. Tutti i nomi andranno pronunciati correttamente per non offendere nessuno. Il che non sarà evidente. Anche su questo aspetto mi sono allenata molto, ma in aiuto arrivano pure i team manager delle nazionali, che ci manderanno un file con la pronuncia corretta del nome di ogni calciatrice».
Avere conoscenze in ambito calcistico era tra i requisiti richiesti per candidarsi?
«Non abbiamo avuto test sulle nostre conoscenze nel mondo del pallone. Ciò detto, ritengo sia stato un criterio che l’ASF ha sicuramente tenuto in considerazione quando ha selezionato le candidate. E in realtà, a pensarci bene, non so neanche se qualcuno senza interesse in merito si sia candidato. Forse non avrebbe avuto molto senso farlo. Allo stesso tempo non la considero una condizione imprescindibile: non dobbiamo commentare integralmente le partite, ma solo fare sporadici interventi. Saper leggere una situazione, tuttavia, sicuramente aiuta. Anche perché non sempre c’è qualcuno accanto che ci dice chi ha segnato o quali sono i nomi delle sostituzioni in corso».
Se dovesse convincere il pubblico e l’ASF, in futuro potrebbe dunque anche lei entrare a far parte delle nuove voci degli stadi svizzeri per le partite femminili e maschili?
«Sì, esatto. E se la cosa dovesse concretizzarsi non potrei esserne più fiera. È estremamente importante che anche il mondo del calcio diventi più diversificato e che non rimanga troppo diviso tra uomo e donna».