Calcio

Pilgrim: «Mamma mi consigliò la danza, ma scelsi il pallone»

I nomi delle 23 convocate di Sundhage sono stati quasi tutti svelati - Ieri, al Parco Ciani, è apparso anche quello di Alayah Pilgrim: «Ho iniziato a giocare in segreto, ora le cose sono cambiate»
Nata il 29 aprile del 2003, ha debuttato nella massima nazionale rossocrociata il 22 settembre del 2023. © keystone/peter klaunzer
Maddalena Buila
23.06.2025 06:00

Nottwil

C’è chi segue alla lettera i consigli dei genitori e chi ama fare di testa sua. Lungi da noi esporci su quale sia la scelta migliore, ma una cosa è certa. Se Alayah Pilgrim avesse dato retta a sua mamma, a quest’ora Pia Sundhage avrebbe una perla in meno nella sua collana per l’Euro. Perle che in questi giorni vengono svelate grazie al gioco «The Chase» (ieri confermate anche Calligaris, Vallotto, Mauron, Riesen, Böhi, Lehmann, Maritz e Wandeler). La convocazione della 22.enne di Muri, guarda caso, è stata annunciata tramite una scritta di gesso al Parco Ciani. La storia dell’attaccante della Roma, dicevamo, è curiosa. Alayah ha iniziato a giocare a calcio in gran segreto, arrivando a coronare il sogno di vestire la maglia rossocrociata due anni fa. «Quando ero piccola sfruttavo ogni pausa scolastica per correre in cortile a tirare calci al pallone con i ragazzi. Un giorno venne organizzato un torneo. Era obbligatorio inserire in squadra una bambina ed io, essendo l’unica che giocava, ero ambitissima. Bene, durante il suddetto torneo un allenatore mi notò e mi chiese di entrare a far parte del suo team. Io arrivai a casa colma di gioia e comunicai l’accaduto a mia mamma, che però non fu per nulla d’accordo. Mi disse che sarebbe stato saggio scegliere uno sport più femminile, come la danza. Ma io amavo il calcio. Così decisi di dire a mia madre che andavo dalla mia migliore amica e invece mi allenavo. Il resto è storia. Oggi questa vicenda può far sorridere, ma dimostra quanto fosse diverso il contesto una quindicina d’anni fa. Oggi le bambine hanno club femminili dedicati fin da piccole. Noi, invece, abbiamo dovuto farci le ossa in squadre quasi interamente maschili».

Il destino di tutte

Dal campetto di Muri all’Aarau. Poi al Basilea, allo Zurigo e in ultimo la firma, arrivata l’estate scorsa, con la Roma. Un’altra giovane promessa elvetica, dunque, che ha lasciato la Women's Super League. Come Alayah, tantissime altre ragazze scelgono di scappare dalla Svizzera. E la ragione è presto detta. «Qui il campionato non è professionistico. Quando sono passata alla Roma, la mia vita è cambiata completamente. E vale lo stesso per tante altre calciatrici che scelgono club europei dove si può vivere di calcio, senza bisogno di un secondo lavoro à côté. Il passaggio a una lega professionistica come quella italiana è stato un cambiamento enorme, in positivo. Allenamenti più intensi, partite più dure: tutto è salito di livello».

Ma allora il campionato svizzero che ruolo svolge nella carriera di una stella elvetica? «Ritengo sia utilissimo per farsi le ossa. Se sei un’attaccante e non segni nella lega rossocrociata, difficilmente troverai spazio altrove. Ma quando senti che è il tuo momento, devi lanciarti. A un certo punto, hai bisogno di una nuova sfida per crescere. Certo, andare all’estero non è sempre semplice. Uno shock c’è, legato al clima, alla lingua o allo stile di vita. In Italia, ad esempio, tutto sembra più istintivo, meno strutturato. Si vive seguendo l’onda (sorride, ndr). Non è necessariamente un male, ma è molto diverso dal modo di fare svizzero. Io però credo che uscire dalla propria comfort zone sia sempre una buona idea».

Tra passaporti ed etichette

Pilgrim non è l’unica nazionale rossocrociata con il doppio passaporto. Da parte di madre è svizzera, mentre suo padre è marocchino. Quando si è trattato di scegliere quale maglia difendere, tuttavia, la numero 17 della Roma non ha avuto alcun dubbio. «Essendo nata e cresciuta in Svizzera, non ho mai davvero considerato un’altra Nazionale. Mi sento rossocrociata come tutte le altre. Questa è la mia casa. Poi è vero che ho molti familiari in Marocco, ma tra noi c’è sempre stata un po’ di distanza».

Alayah è una delle tante nuove leve che sono state selezionate dal tecnico svedese. Da lei ci si aspetta tanto. Compresi molti gol, che ultimamente la Nazionale non riesce proprio a trovare. L’etichetta di «astro nascente» sulle spalle si vive come un peso o è fonte di motivazione? «La pressione c’è, ma la chiamerei “salutare”. Ogni giovane in squadra è perfettamente in grado di gestirla e ci aiuta a tirare fuori il meglio di noi. Inoltre, possiamo sempre contare sul supporto delle compagne più esperte, che non si tirano mai indietro quando si tratta di consigli o suggerimenti. Insomma, l’amalgama trovato funziona perfettamente».

Questioni di forchetta

La 22.enne di Muri ha radici un po’ ovunque. C’è un legame, tuttavia, che le sta particolarmente a cuore. Parliamo di quello con il fidanzato Elijah Okafor, fratello minore del nazionale rossocrociato Noah, che milita nel Lugano U21. Che rapporto ha Alayah con la città sul Ceresio? «È bellissima, mi piace molto. Raggiungo il mio compagno almeno una volta al mese e adoriamo passeggiare insieme».

Muri, Lugano, Roma. Chiosiamo con una curiosità. Dove si mangia meglio? La prima risposta di Pilgrim è una bella risata. «In primis va detto che le due cucine, quella svizzera e quella italiana, sono molto diverse tra loro. Quella mediterranea è incredibile, nella Città Eterna ho assaggiato dei piatti pazzeschi. Anche Lugano è capace di stupire il palato. Ma quando torno a casa sono sempre contenta di mangiarmi un bel piatto di Rösti (ride ancora, ndr)».