Como me gusta la Serie A

Puntata speciale: il mercato del Como tra wow e boh

La sconfitta di Bologna è stata deludente ma può insegnare anche molto a Fabregas e ai suoi – Su arrivi e partenze, tante le scommesse (evviva!), qualche vuoto ancora, ma divertimento garantito
©SERENA CAMPANINI
05.09.2025 16:33

«Ue’ Matteoli, ma non hai un po’ esagerato con quel Nico Paz?». Oppure: «Passa una settimana e il fantastico Como non riesce nemmeno a pareggiare a Bologna?». Provocazioni. Che cosa sarebbe il calcio senza provocazioni? Detto che il Como a Bologna ha meritato di perdere perché il Bologna ha meritato di vincere, che cos’altro vogliamo aggiungere? Vogliamo davvero tornare su ciò che ha funzionato (poco, è vero) o meno (molto, è vero)? Lo abbiamo già scritto più volte in passato, e lo ribadiamo: il Como ha bisogno di tempo per diventare una realtà più affidabile di quanto non sia oggi. E questo vale per ogni sua componente: società, allenatore, giocatori. Cesc Fabregas è un illuminato, è innegabile, ma è altrettanto acerbo. E quello che il mister dice di Nico Paz, vale anche per lui stesso: bisogna lasciarlo sbagliare. L’argentino deve poter sbagliare per, un giorno, non sbagliare più. E lo stesso concetto vale per Fabregas. Per il Como tutto. Ma davvero volete che qui si parli di una partita giocata giorni fa? Non vogliamo concentrarci sul mercato che si è appena concluso? Per la seconda giornata, comunque, ci sono le pillole in dialetto, più in là.

In questi giorni ho visto molte analisi sul mercato delle venti di Serie A, tra pagelle e sentenze. Anche sul mercato del Como, che molti hanno stimato da 7-7,5 in pagella. Onestamente, è difficile assegnare pagelle sulle speranze, sulle ipotesi. Ma possiamo comunque sottolineare alcuni aspetti.

Le cessioni

Partiamo dalle cessioni perché è forse l’aspetto più sottovalutato del calciomercato. Spesso i tifosi si concentrano solo su quelle che fanno più male, oppure quelle che fanno sorridere, della serie «finalmente te ne sei andato fuori dalle b…». Non a sufficienza però si sottolineano le cessioni utili. In questo senso, il Como è riuscito, soprattutto nel finale, a liberare alcune maglie, ma certo non si può dire ci abbia guadagnato. Mi risulta, infatti, che dalle cessioni, i lombardi abbiano guadagnato una quindicina (scarsa) di milioni di euro. Quasi tutti prestiti, non molti con obbligo di riscatto. Gli unici milioni veri sono arrivati dal doloroso passaggio di Strefezza all’Olympiakos. Ma chi non avrebbe giocato mai, o giù di lì, è partito. E questo è un bene per il lavoro, per il gruppo. Da valutare quanto influiranno le cessioni dello stesso Strefezza e della bandiera Gabrielloni sull’identità del Como e sul clima sin qui molto accogliente dello spogliatoio.

Le scommesse

Sono molte. Il Como ha dimostrato di saperci fare, ma alcune delle sue scommesse sono andate comunque a vuoto. Basti pensare ad alcuni giocatori appena lasciati partire in prestito, come Engelhardt, assai costoso pochi mesi fa, o come Fadera, Belotti, Audero, Mazzitelli, ma anche il più titolato Alli. Sparando nel mucchio, certo i colpi andati a segno non sono comunque mancati. Vale per Paz un anno fa, sembra poter valere anche per i primi scampoli di Rodriguez, un satanasso. Addai e Ramon hanno mostrato buone cose tra estate e prime uscite. Ma poi molto ci si attende

da Baturina e da Kühn, per cui sono stati spesi soldi veri e che sin qui non hanno ancora potuto esplicitare le rispettive promesse. C’è tempo per farlo. Ma è chiaro che le scommesse, in questo senso, sono molte. La fiducia c’è, eccome se c’è. Ma di fronte al capitale speso e alle tante scommesse (Morata in primis, considerando le sue ultime stagioni), non è facile lasciarsi andare a pagelle troppo positive.

Qualche dubbio sugli esterni bassi e davanti

Il primo dubbio riguarda proprio il ruolo di centravanti. Douvikas era partito benissimo, contro la Lazio, ma ancora non risulta particolarmente affidabile sui numeri sul lungo periodo. Basterà Morata a garantirli? Sugli esterni bassi, è arrivato in extremis Posch, che sulla destra è il quarto terzino in rosa, dopo Van der Bremt, Vojvoda e Smolcic. Sulla sinistra ci sono Valle e il deludente Alberto Moreno. Ma qualcosa sembra ancora mancare. Al centro della difesa è arrivato il brasiliano Diego Carlos, grande esperienza, ma chiamato ad adattarsi subito al gioco d’anticipo dettato da Fabregas. Quello stesso gioco che, per esempio, ha visto uscire sconfitto Dossena, da cui ci si aspettava di più la scorsa stagione. Diego Carlos, più Kempf e Ramon, dovrebbe bastare, considerando Goldaniga (e eventualmente lo stesso Posch) buona alternativa. A proposito di alternative, siamo curiosi di capire quelle a Butez. Negli ultimi giorni di mercato sono infatti arrivati il croato Clavina e lo svedese Törnqvist. Onestamente: boh!

A centrocampo manca un regista classico

A metà c’è tanta varietà, al punto che non spaventa nemmeno più di tanto l’assenza di un regista classico. Il riscatto di Perrone è un investimento importante, che sommato alla crescita di Da Cunha e alla qualità di Caqueret, garantisce un ottimo futuro al Como in quel reparto. L’impressione è che Sergi Roberto sia alle ultime gocce di calcio. Ma finché ce n’è, perché non abbeverarci da quella straordinaria fonte? E poi c’è il già citato Baturina. Che giocatore sarà, per il Como? E come lo utilizzerà Fabregas? È forse la domanda delle domande, ora come ora.

Aspettando Diao

Sugli esterni alti, in attesa del rientro di Diao, straordinario nella seconda metà della scorsa stagione, Addai e Rodriguez promettono assist in grande quantità ma non altrettanti gol. Kühn ancora non si è capito, al punto che ora come ora, se manca qualcuno, lì ci gioca Vojvoda. Il reparto però è intrigante, considerando anche che spesso si allarga anche Nico Paz. Il divertimento nasce spesso da lì.

In definitiva

In definitiva è una rosa che merita tempo, e pazienza, ma che pure è stuzzicante, con tante cose da scoprire, con tante gatte da pelare, con doppioni anche imbarazzanti e con alcuni vuoti qua e là da colmare. Con tanta qualità, e giovinezza. Poca italianità, poca larianità, poca identità classica. Dovrà essere però Fabregas a trasmetterla. E la società a imporla, attraverso una condivisione di ideali e traguardi con il territorio. Questo è stato, sin qui, il segreto del successo del nuovo Como all’indonesiana. Non ho dubbi che la strada possa continuare a essere questa.

E ora…

Como me gusta la Serie A, dialetto edition: seconda giornata

A caval dunaa se varda minga in buca: Antonio Conte
A lavurà la vita l'è düra, ma la pagnòta l'è sicüra: Patrick Cutrone
Al m'ha menaa a mesa senza vedè al prevat: Arthur Atta
Al ma fà gnè còlt gnè frech: Ivan Juric (confermato)
Al ma fai vedè al sant e al miracul: Maurizio Sarri
Al sa regorda minga dal nas ala boca: Torino (confermato)
Cantà e purtà la crus: André Frank Anguissa
Chi va via pert al post de l'usteria: Randal Kolo Muani
Galina vegia la fà bun broeu: Paulo Dybala
Se la mia nona la ghera i roeut a l'era un tram: Gian Piero Gasperini

In questo articolo: