Il dibattito

Quando il calcio entra in politica: il caso Mbappé e il protocollo in casa Svizzera

La stella della Francia ha preso posizione sulle legislative, invitando a non votare gli estremisti – Ma che cosa accadrebbe se i rossocrociati fossero chiamati a esporsi?
© Hassan Ammar
Massimo Solari
17.06.2024 18:00

Due scenari. Del tutto ipotetici. E lo ribadiamo: del tutto ipotetici. 1) Il Consiglio federale decide di organizzare una nuova conferenza sulla pace in Ucraina, ma - una volta raccolte le necessarie firme - i cittadini sono chiamati a votare sull’opportunità o meno di ripetere l’operazione. 2) Un’iniziativa popolare che punta a concedere il diritto di voto agli stranieri supera tutti gli scogli parlamentari e finisce alla prova delle urne. Entrambi i temi spaccano il Paese. Non si discute di altro. E il caso vuole che le due votazioni popolari si tengano a fine giugno, mentre la Nazionale partecipa agli Europei di calcio. Che cosa succederebbe? Il caso della Francia invita a riflettere sul tema, che chiama in causa concetti quali la libertà di espressione, il rapporto talvolta incestuoso tra sport e politica. La neutralità, anche.

Il fragile confine della FFF

Chez les Bleus, a tenere banco sono naturalmente le elezioni legislative in agenda il 30 giugno e 7 luglio. In pieno Euro 2024, appunto. E soprattutto gli appelli di Marcus Thuram e della stella Kylian Mbappé a non votare per gli estremisti. Tradotto: per il Rassemblement National, uscito vittorioso dalle ultime Europee. La Federcalcio francese, a fronte delle conferenze stampa oramai prese in ostaggio dalla questione, aveva chiesto ai giornalisti di «evitare qualsiasi forma di pressione e strumentalizzazione politica della squadra», difendendo la libertà di parola, così come l’invito di andare al voto. Allo stesso tempo, però, si chiedeva di comprendere l’imparzialità della FFF e della selezione. Ebbene, nemmeno 24 ore più tardi Mbappé non si è fatto particolari scrupoli nel varcare questo fragile confine.

Torniamo dunque ai due scenari presentati in partenza: come ci si muoverebbe in casa Svizzera di fronte a una situazione simile? Quali paletti verrebbero fissati (se lo sarebbero)? Il responsabile della comunicazione dell’ASF Adrian Arnold cita subito un esempio recente: «Il tema dei diritti dell’uomo in Qatar, emerso a margine dell’ultimo Mondiale. Dapprima abbiamo delineato la nostra posizione e la nostra strategia di comunicazione. Volevamo partecipare e contribuire al dibattito, con i mezzi di un’associazione sportiva e non di un’istituzione politica. La linea dell’ASF è quindi stata presentata all’allenatore e all’intera squadra. È stato chiesto ai giocatori se la condividessero, se ritenessero giusto che a esprimersi apertamente sulla questione fosse solo l’associazione o se a qualcuno interessasse prendere posizione a livello individuale».

Qatar 2022 e il caso di Akanji

Ebbene tutti i rossocrociati hanno preferito concentrarsi sul calcio giocato. Tutti eccetto uno. «Manuel Akanji è venuto da me e ha espresso la volontà di posizionarsi pubblicamente sul soggetto» spiega Arnold. «È successo con un largo anticipo rispetto al torneo e Manu ha effettivamente concesso un’intervista sul tema dei diritti umani e su altri aspetti politici. Le sue risposte, va da sé, hanno suscitato altri titoli e discussioni. E alla luce di questa esperienza - qualche settimana più tardi - il giocatore ha preferito fare un passo indietro. A suo modo di vedere, qualunque fosse stato il pensiero espresso e la sua importanza, c’era il rischio di essere giudicato unicamente per quelle parole». L’ASF ha quindi agito di conseguenza. «Al Mondiale le questioni politiche sono state trattate solo a livello di associazione» rammenta Arnold.

«Nessun divieto»

Lo stesso protocollo, assicura il nostro interlocutore, verrebbe per l’appunto seguito qualora sulla scena irrompesse anche una votazione popolare dai risvolti delicati. «Cruciale è includere sempre i giocatori. Valutare insieme quali margini di manovra esistono e quale effetto potrebbe avere uno o l’altro atteggiamento. Ma - e tengo a sottolinearlo - da parte dell’ASF non vi saranno mai delle imposizioni o dei divieti. I calciatori sono delle persone adulte e se intendono esporsi anche politicamente su un tema - in quanto cittadini privati - siamo pronti a sostenerli e a consigliarli. Credo che dinamiche del genere debbano essere comprese e accettate. Anche se molto, alla fine, dipende dal modo in cui media decidono di fare uso delle diverse prese di posizione» conclude Arnold.

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