Quanti conti in sospeso tra italiani e spagnoli

Il 9 luglio del 1994 la prova tv faceva irruzione nel mondo del calcio. Sono trascorsi 27 anni dai fatti del Foxboro Stadium, 35 km a sud-est di Boston. E martedì sera a Wembley l’Italia tornerà a ostacolare il cammino di Luis Enrique. A quei Mondiali americani, fu invero una gomitata a mettere kappaò l’attuale commissario tecnico della Spagna. Un episodio iconico, con Mauro Tassotti a vestire i panni del cattivo e «Lucho», suo malgrado, a farne le spese. Il naso fratturato e la maglia bianca della Roja macchiata di sangue. Un colpo proibito, già, che l’arbitro ungherese Sandór Puhl non fu però in grado di ravvisare. L’Italia vinse la partita - si giocavano i quarti di finale - per 2-1, mentre in Spagna la polemica non tardò a montare. «Porca miseria!», il titolo di Marca all’indomani della gara. Con ovviamente un fiume d’inchiostro dedicato a «el codazo» - la gomitata appunto - rifilata nei minuti di recupero a Enrique dal terzino azzurro. Impunito solo sul momento.
Dalla maxi-squalifica alla pace
Già, perché le immagini televisive inchiodarono Tassotti. Preparando il terreno, dicevamo, alla prima sentenza disciplinare decisa a posteriori. Otto i turni di squalifica, con tanti saluti alla semifinale e alla finale poi persa ai rigori contro il Brasile. Una mazzata, anche perché il difensore del Milan aveva impiegato solo un paio di minuti per pentirsi del gesto. L’ultimo, per altro, con la maglia della sua nazionale, mai più indossata dopo allora.
A poche ore dalla semifinale di Euro 2020, va da sé, quegli istanti sono tornati di stretta attualità. «È tutto risolto» ha comunque precisato Enrique. «L’episodio di Tassotti fa parte della mia carriera» ha affermato l’allenatore della Spagna: «Ho incontrato Mauro tempo fa e abbiamo chiarito tutto. I miei giocatori neanche se lo ricordano». Per la precisione, i due si erano incrociati e stretti la mano nell’ottobre del 2011, quando l’iberico sedeva sulla panchina della Roma e Tassotti faceva da vice ad Allegri al Milan. Meno inclini al perdono sembrano per contro i tifosi delle Furie Rosse. I quali, ancora oggi, cantano: «Luis Enrique, nos deben un tabique». Ovvero: «Ci devono un setto nasale».
Il gol di Vialli e gli altri Europei
Piccolo passo indietro. A unire con un filo sottile le giustiziere di Belgio e Svizzera sono gli Europei del 1988, disputati nella Germania Ovest. A guidare l’attacco azzurro, allora, erano Roberto Mancini e Gianluca Vialli. Ieri gemelli del gol. Oggi ct e capodelegazione dell’Italia che sta facendo faville a Euro 2020. E 33 anni fa, proprio una rete del secondo, compromise anzitempo il torneo della Spagna. Nel quadro della rassegna continentale, puntualmente le due selezioni hanno poi dato vita a scontri pirotecnici. Basti pensare che da Euro 2008 in avanti, le rispettive strade si sono incrociate ben quattro volte. Cinque, con l’appuntamento di domani a Londra.
Di lezioni e rivincite
Mai, in questo lasso di tempo, l’Italia si era presentata in campo con i favori del pronostico. Anche se il precedente più fresco - l’Euro francese del 2016 - aveva visto la compagine allenata da Antonio Conte imporsi con merito per 2-0, allo stadio degli ottavi. Una parziale rivincita, dopo la finale senza storia andata in scena a Kiev nel 2012, andata in scena a Kiev. Ricordate? A una ventina di giorni dal pareggio consumatosi nella fase a gironi, gli iberici si erano scatenati, rifilando un clamoroso 4-0 agli Azzurri. Busquets e Alba da un lato e Chiellini, Bonucci e Sirigu (allora in panchina) dall’altro, sono i superstiti di quell’atto conclusivo senza storia.
A Wembley, le gerarchie appaiono invece rovesciate. Al netto delle qualità tecniche della squadra, la Spagna non ha infatti impressionato né negli ottavi contro la Croazia, né venerdì a San Pietroburgo, capolinea dell’Europeo rossocrociato. Tanto possesso palla, un Morata non esattamente irresistibile e la difesa alquanto fragilina. «L’Italia che gioca alla spagnola - ha osservato Enrique alla vigilia - rende la partita molto più difficile ma anche spettacolare. Gli Azzurri giocano un bel calcio, palleggiano e sanno pressare bene. Sarà una partita divertente e intensa con due squadre che cercano di giocare allo stesso modo». L’impressione, comunque, è che Barella e compagni siano molto più bravi a rinunciare al possesso palla, prediligendo se necessario le transizioni veloci. La Svizzera ne sa qualcosa.
Al proposito Roberto Mancini - che con l’Italia non perde da 30 partite - ha sfoggiato un atteggiamento prudente: «Sarà una partita difficile, come d’altronde è stato con il Belgio. La Spagna, che rimane una selezione strepitosa nonostante il ricambio generazionale, giocherà però in modo diverso. E soprattutto giocherà molto bene». Il ct italiano dovrà fare i conti con la pesante assenza, sull’out di sinistra, di Leonardo Spinazzola. Al suo posto sarà schierato Emerson Palmieri.