Il gesto di balotelli

Quel calcio al razzismo e ai «sì, ma»

Gli ululati indirizzati a «Supermario» durante Verona-Brescia fanno riemergere il problema, negli stadi come altrove
Il calciatore del Brescia Mario Balotelli poco dopo aver calciato il pallone verso la curva del Verona. ©EPA/Filippo Venezia
Marcello Pelizzari
04.11.2019 20:35

Vuoi vedere che è colpa di Mario Balotelli? Nell’Italia dei paradossi succede anche questo. E così un calcio al razzismo – in tutti i sensi – diventa una balotellata. L’ennesima trovata dell’oramai ex enfant prodige. Di un ragazzo giudicato cattivo perché, bontà sua, a fronte di un talento naturale cristallino ha sprecato ogni chance capitatagli lungo il cammino. Diventa, per dirla con il capo ultrà del Verona, una pagliacciata.

Ci risiamo. L’ennesimo episodio scomodo e sbagliato, oltre all’imbarazzo delle istituzioni, ha creato un cortocircuito di «sì, ma». L’anticamera delle scappatoie. Cosa volete che sia? In fondo, gli ululati erano di quindici persone al massimo. E pazienza se la curva veronese in passato inneggiava ad Adolf Hitler. Il loro leader l’aveva spiegato bene: «È pura goliardia». Già, scemi noi. E bravi loro, a intortare le istituzioni e a farla più o meno sempre franca.

Inutile stupirsi, indignarsi, chiedersi quanto in basso cadrà l’Italia. Tanto il razzismo è sdoganato, combattuto più a parole che a sanzioni. E ritorna. Sempre. Si sforzano, un po’ tutti, a dire che Verona non è quella roba lì che dipingono i media (figuriamoci: le svastiche e le croci celtiche, allo stadio, danno soltanto un po’ di tono all’ambiente) ma è una battaglia persa in partenza. Soprattutto perché il fenomeno trascende il calcio: è ovunque, nelle vie di ogni città e perfino in parlamento. Si nasconde, in primis, negli atteggiamentidelle persone.

Balotelli, dicevamo, è doppiamente colpevole: non è abbastanza italiano agli occhi dei razzisti e, sempre per loro, è un fannullone. Ci dicano i veronesi, allora, chi vorrebbero in maglia azzurra l’estate prossima agli Europei. Neppure Lorenzo Insigne va bene: già, un tifoso dell’Hellas tempo fa indossò una maschera da scimmia, si infilò una divisa del Napoli con il numero 24 e il nome «Insimmie» e si fece immortalare con tanto di banana in mano.

La curva del Verona, leggiamo sulla «Gazzetta dello Sport», difficilmente verrà chiusa dopo quest’ultimo episodio. In Italia, la gravità di un coro o di un ululato razzista varia a seconda dei decibel prodotti e del numero di tifosi che lo «intonano». Lo stabilisce il Codice di giustizia sportiva. Alla fine, la questione non è stare o meno con Balotelli. Ma chiamare le cose con il loro nome: fare il verso della scimmia ad un ragazzo di origini ghanesi, nella civilissima Italia del 2019, non ha nulla a che fare con i gol sbagliati o ancora con la rivalità sportiva. Semmai, ha a che fare con l’inciviltà. È razzismo, punto. E basta una sola voce, allo stadio o altrove, perché lo sia.