Il personaggio

Quella volta che il Camerun toccò il cielo al debutto

L’8 giugno del 1990, a San Siro, François Omam-Biyik stendeva l’Argentina campione in carica svettando a quasi 3 metri d’altezza: «Un gesto inspiegabile per un’impresa straordinaria davanti a Maradona»
L’impressionante stacco di testa di François Omam-Biyik, inerme il difensore argentino Nestor Sensini. © KEYSTONE
Massimo Solari
23.11.2022 06:00

Non è la prima volta che l’Argentina perde al debutto. Ma per quanto clamorosa, la caduta di Lionel Messi non farà rumore come avvenne nel 1990. Quando in campo, all’alba di Italia ‘90, c’erano Diego Armando Maradona e la formazione campione del mondo in carica e poi finalista. Purtroppo, nel tempo, la tradizione è andata persa: da oramai diverse edizioni, infatti, ad aprire la competizione è la selezione di casa, non più i detentori del titolo. All’epoca, San Siro ebbe invece il privilegio di sfiorare la mano di Dio. Nessuno, prima del fischio d’inizio, poteva tuttavia immaginare che quel giorno, a toccare il cielo con un dito sarebbero stati il Camerun e François Omam-Biyik.

«Era il nostro giorno»

«Da allora, ogni 8 giugno celebriamo l’anniversario dell’incredibile successo sull’Albiceleste» ci racconta l’ex attaccante della selezione africana, rispondendo da Yaoundé. «A ridosso dei Mondiali, poi, rispolverare quel gol, quell’exploit, beh, è quasi naturale. Un ricordo dolcissimo, che - ricorrenza dopo ricorrenza - cerchiamo di trasmettere alla nuova generazione di giocatori camerunesi. La speranza è che dalle nostre gesta, dalla preparazione perfetta d’Italia ‘90, possano imparare qualcosa. E in questo modo far progredire ulteriormente il Camerun».

Trentadue anni fa, la fame di gloria spinse lontano i Leoni Indomabili. Addirittura sino ai quarti di finale, cosa mai successa per una compagine africana. E il primo balzo, tremendo e al contempo sontuoso, andò in scena alla Scala del calcio. Già. Come fu possibile raggiungere i 2,96 metri d’altezza? «Alcune cose, nella vita, accadono una volta sola. E non per forza è possibile trovare una spiegazione» riconosce oggi Omam-Biyik. Per poi comunque precisare: «Nella fattispecie, forse, ad aiutarmi nel momento giusto furono gli allenamenti di salto in alto ai quali presi parte da ragazzo. Il colpo di testa, invece, l’ho sempre avuto nel DNA. È stata la mia principale arma in carriera». Vero. Anche se il goffo intervento del portiere argentino Pumpido - al quale qualche anno prima era stato riattaccato un dito della mano lesionato in allenamento - contribuì al miracolo del Camerun e del suo centravanti. «Quello, evidentemente, doveva essere il nostro giorno. Imporsi sui campioni del mondo e riuscire in un simile gesto atletico davanti a Maradona fu qualcosa di straordinario».

Milla e un balletto iconico

Anche irretire il Diez rappresentò un piccolo, grande capolavoro. «Affrontavamo il giocatore più forte al mondo. E per riuscire a bloccarlo, sapevamo che avremmo dovuto essere solidali uno con l’altro, chiudendo più spazi possibili alle invenzioni del 10 argentino e ai suoi compagni di reparto». Con le buone e - soprattutto - con le cattive. Basti pensare che il Camerun chiuse l’incontro in nove. «Quando siglai la rete decisiva, al 67’, sfruttando una delle poche occasioni a disposizione, mio fratello André Kana-Biyik era stato appena espulso» rammenta al proposito François. Che nel 1990 aveva 24 anni.

A trascinare la squadra sino ai drammatici quarti contro l’Inghilterra - persi ai supplementari dopo essere stati avanti per 2-1 -, fu tuttavia un allegro 38.enne. Roger Milla. E nell’immaginario collettivo, i suoi passi di danza alla bandierina dopo aver trovato la rete sono rimasti impressi quanto il colpo di testa di Omam-Biyik. «Quando ero giovane, sognavo di diventare un calciatore professionista. Ho avuto la fortuna di riuscirci. E di prendere parte a tre edizioni della Coppa del Mondo. Se torno a Italia ‘90, rivedo un gruppo fantastico, un ambiente speciale, nel quale ogni elemento riuscì ad apportare la sua dose di leggerezza e buon umore. E in questo quadro, beh, la danza di Roger ha reso il nostro percorso ancor più coinvolgente. Per noi e, sì, per la memoria collettiva».

Sarò sincero: in molti, nel nostro Paese, desideravano fortemente di ammirare Breel con la maglia del Camerun

«Breel? Ha fatto bene»

François Omam-Biyik, per ora, seguirà la Coppa del Mondo da casa. «Se il Camerun dovesse passare la fase a gironi, è previsto che raggiunga il Qatar». E pensare che il 56.enne avrebbe potuto vivere la competizione da protagonista. Proprio sulla panchina dei Leoni Indomabili. «Naturalmente un po’ di rammarico c’è. Per due anni e mezzo ho fatto parte dello staff tecnico, come allenatore aggiunto. In questa veste ho preso parte all’ultima Coppa d’Africa, chiudendo al terzo posto. Al termine del torneo, il presidente della Federazione Samuel Eto’o ha tuttavia preferito sollevarci dall’incarico. Peccato. Abbiamo fatto il possibile, in particolare nell’ambito della campagna di qualificazione. Il mio auspicio è che questo lavoro possa dare i suoi frutti a Doha».

Sulla propria strada, Anguissa e compagni troveranno subito la Svizzera. E un attaccante con sangue e radici camerunesi che, a suo modo, sogna di emulare le gesta di Omam-Biyik. «Breel Embolo era finito nei radar della nostra Federazione» sottolinea l’ex punta a poche ore dallo scontro dell’Al Janoub Stadium. «In un paio di occasioni abbiamo avuto la possibilità di discutere con la famiglia del giocatore. Tuttavia, sapevamo che convincere sia loro, sia il ragazzo a sposare la causa camerunese sarebbe stato complicato. Embolo, in effetti, aveva già militato nelle selezioni giovanili della Svizzera». E così ha scelto anche per il futuro. «Sarò sincero: in molti, nel nostro Paese, desideravano fortemente di ammirare Breel con la maglia del Camerun; credo però che abbia preso la decisione migliore. Giocare per una nazionale europea offre maggiori opportunità a livello internazionale». Per il 25.enne nato a Yaoundé non sarà una partita come le altre. Ma François Omam-Biyik non si fida: «Il Camerun dovrà tenerlo d’occhio. È un calciatore che può fare la differenza in ogni momento. Soprattutto ora che è in grande fiducia grazie alle ottime prestazioni fornite in Francia, con il Monaco».

In campo con ct e presidente

E la selezione di Murat Yakin? Farà meglio a non prendere sotto gamba la formazione africana? Sentite Omam-Biyik: «Il Camerun ha molte qualità. Non solo quelle fisiche. Al netto dei cambiamenti, il gruppo è inoltre affiatato. La Svizzera se la vedrà con una squadra difficile da manovrare. Molto pericolosa in attacco e fragile in difesa. Poi ovvio, sul piano atletico i rossocrociati dovranno essere all’altezza dei Leoni Indomabili». Alla cui guida, per altro, c’è un altro pezzo grosso. «Sì, Rigobert Song è una leggenda del calcio camerunese» conferma Omam-Biyik. «Da giocatore ha vissuto ben quattro Mondiali. E proprio grazie all’importante passato sul campo, intrattiene ottime relazioni con i giocatori. Non ha paura di lasciare loro la libertà di esprimersi». Curiosità: Omam-Biyik ha condiviso un’edizione del torneo sia con lui (nel 1998), sia con il presidente della Federazione Eto’o (1998). «Due istituzioni, le cui esperienze possono costituire un valore aggiunto per l’attuale selezione. Samuel? È un giovane presidente, che sta scoprendo la funzione. Ha le sue idee e non esita a promuoverle a tutti i livelli. Bisogna dargli tempo». Con una certa fretta c’è invece già chi dà il Camerun per anello debole del girone. François Omam-Biyik non ci sta: «In una competizione del genere, appiccicare l’etichetta di “più debole del gruppo” è sempre complicato. Oltre che rischioso. Nel 1990 in molti ci davano per spacciati. E invece abbiamo scritto la storia». Toccando il cielo per davvero.

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