«Quella volta che spiai gli italiani per Trapattoni»

Il preparatore atletico Manuel Fässler, il video analista Enrico Schirinzi e l’osservatore Jean-Pierre Gerosa. Eccole, le novità in seno allo staff della Svizzera Under 21. L’allenatore Mauro Lustrinelli potrà contare su tre professionalità di spicco. L’ideale per affrontare la campagna di qualificazione agli Europei del 2021. «Sono davvero contento» spiega Gerosa, 52 anni, ticinese già attivo con Giovanni Trapattoni e recentemente in Russia allo Spartak Mosca.
Partiamo dal comunicato diffuso dall’Associazione svizzera di calcio: lavorare per i rossocrociati è qualcosa di speciale, vero?
«In un certo senso ho sempre lavorato per una squadra nazionale, al di là della mia esperienza con Giovanni Trapattoni in Irlanda. A Basilea, una delle mie parentesi più lunghe, dovevo far passare un messaggio nello spazio di tre giorni. La squadra fino alla domenica era infatti concentrata sul campionato. Poi si chinava sull’impegno di Champions League. Allora, il mio compito consisteva nel semplificare il più possibile l’analisi tattica dell’avversario».
Ma come si è concretizzato il suo ingresso nella Under 21 elvetica?
«Parlando con Claudio Sulser, il delegato alle squadre nazionali. Lui mi conosce bene. Lo stesso dicasi per Mauro Lustrinelli. In un certo senso mi sono fatto avanti io: dopo tanto girovagare, cercavo una soluzione più vicina a casa. Il tutto è stato reso possibile dalla nomina di Adrian Knup a delegato per la Under 21. Siamo stati assieme per otto anni a Basilea».
Quali compiti avrà?
«Le analisi video spetteranno a Enrico Schirinzi. Io mi occuperò sia dei nostri giocatori sia degli avversari. Non si tratterà, banalmente, di individuare punti forti e punti deboli. Io proporrò anche soluzioni tattiche. È sempre stato il mio forte: sono cresciuto con Trapattoni e ho ottenuto il diploma di allenatore UEFA Pro a Coverciano. Oggigiorno non basta più consegnare un foglio all’allenatore, dicendogli come gioca la squadra avversaria. È necessaria un’analisi a 360 gradi che, appunto, dia al mister delle soluzioni ad un determinato problema».
Il calcio oggi è invaso dalla tecnologia: droni che filmano gli allenamenti, tablet, statistiche. Quanto è cambiato il suo mestiere di osservatore?
«Moltissimo. Di più, fra poco non sarà nemmeno più necessario andare allo stadio a visionare un determinato avversario. E questo perché ogni impianto è dotato di telecamere tattiche. Il che permette a noi osservatori di avere una visione d’insieme della squadra».
Ma in ufficio non manca la cosiddetta atmosfera?
«Sì, però i centri di analisi delle partite stanno diventando sempre più importanti. La Juventus, per fare un nome, ha quattro o cinque persone che visionano filmati dalla mattina alla sera. Anche il Basilea si sta dotando di un ufficio del genere. Per non parlare delle tantissime piattaforme che permettono di accedere ad una quantità industriale di dati. Il problema, semmai, è che nel calcio di oggi circolano troppe informazioni. Uno deve essere bravo a selezionare quelle che servono davvero».
Può farci un esempio?
«Se volessi, per ogni partita potrei concentrarmi su un singolo giocatore. Non solo, potrei dire ad un software specifico di mostrarmi solo le immagini che lo ritraggono mentre effettua un passaggio all’indietro di destro. Questo giusto per far capire quante e quali possibilità offre la tecnologia oggi, a livello di analisi».
Quanto tempo si prende Gerosa per analizzare un avversario?
«La presentazione delle mie analisi magari è breve, ma mi prendo tantissimo tempo per approntare il dossier. Il mio è un lavoro lungo, quotidiano, anche stancante. Comincia con l’assegnazione del compito e finisce quando arriva la formazione degli avversari, ad un niente dal fischio d’inizio. Non posso inventare. Devo capire come gioca una squadra».
Quali sono le variabili impazzite?
«Ce ne sono diverse. Prendiamo la Croazia, che affronteremo in amichevole prima delle qualificazioni. Bene, loro hanno appena cambiato allenatore. Nel preparare l’analisi, devo tenere conto delle partite di novembre disputate con il commissario tecnico precedente? Le difficoltà non mancano. Sempre rimanendo ai croati, sto cercando il video della loro sfida con la Bielorussia. Ma non si trova da nessuna parte».
Poniamo che lei prepari la migliore delle analisi ma poi l’avversario fa tutto il contrario: che si fa?
«È uno scenario che si verifica, in effetti. Fa parte dell’imponderabilità del calcio. Ricordo quando ero assistente di Trapattoni all’Irlanda. Dovevamo affrontare la Russia. Io preparai la sfida pensando che avrebbero giocato determinati uomini, ma poi i russi ne cambiarono sei all’ultimo minuto. La speranza allora è quella di avere giocatori abbastanza flessibili e duttili, capaci di reagire ad un cambiamento del genere. D’altra parte il calcio moderno è basato su moduli interscambiabili. Una squadra può iniziare la partita con la difesa a tre ma poi passare a quattro».
Torniamo alla Under 21. Le sarebbe piaciuto lo stesso ruolo ma nella nazionale maggiore?
«Sono felicissimo di lavorare con la Under 21. E proprio per quel discorso di flessibilità. A questa età i calciatori sono più ricettivi agli stimoli. Credo di poter essere maggiormente utile alla causa in un contesto del genere. Ad ogni modo, torno a respirare il clima delle nazionali dopo l’avventura con l’Irlanda. Allora disputammo l’Europeo».
Recentemente Marcelo Bielsa è finito sotto inchiesta in Inghilterra: aveva inviato un suo uomo in incognito a spiare l’allenamento del Derby County. Le è mai capitata una cosa simile?
«Penso alle mie avventure più significative: il Basilea, l’Irlanda con il Trap, lo Spartak Mosca recentemente. Quando un allenatore ti affida un compito, devi svolgerlo. Punto. Sono contento però che nessuno mi abbia mai detto come muovermi. Un aneddoto potrei pure svelarlo, è caduto in prescrizione».
Ci dica tutto...
«Irlanda contro Italia, anni e anni fa. La partita era ovviamente sentita. Beh, io mi vestii come uno steward dello stadio per assistere all’allenamento degli azzurri. Il problema? Conoscevo molti elementi della spedizione italiana, visti i miei trascorsi a Coverciano. Perciò cercai di camuffare anche il volto».
Per molti è scorretto spiare. Lei che ne pensa?
«Non saprei dire se è giusto o meno. Di sicuro è difficile garantire il massimo riserbo. Da qualche parte c’è sempre una telecamera pronta a catturare un segreto o un osservatore vestito da steward».
