Se alla ripresa il Lugano s’inceppa

Per chi soffre d’ipocondria sono giorni difficili. Seppur ancora da decifrare, il coronavirus è oramai sbarcato in Europa e di conseguenza rappresenta ufficialmente un nuovo, temutissimo nemico. Come se non bastasse quella dannata influenza, che a metà gennaio ha superato la soglia epidemica è lì in agguato, in ufficio come per le strade, pronta a fare un’altra vittima. Pure il Lugano osservato domenica al Kybunpark presenta sintomi sospetti. Più che di «malade imaginaire» sarebbe però meglio parlare dell’ennesima ricaduta. Non a caso nel dopopartita il presidente Angelo Renzetti ha sintetizzato il crollo accusato nel secondo tempo con un tagliente: «È la solita storia». Un concetto, questo, ribadito addirittura a quattro riprese, per evidenziare nell’ordine: 1) il pallone perso da Holender e costato il provvisorio pareggio del San Gallo; 2) gli errori di Noam Baumann in occasione del primo e del terzo gol; 3) la mancata reazione sull’1-1, o meglio il panico a fronte della bolgia dell’Espenblock; 4) gli effetti inconsistenti dei giocatori subentrati a match in corso.
L’eccezione
E a proposito di copioni ripetitivi. Steccare al rientro dalla pausa invernale sta diventando una pessima abitudine in casa Lugano. Da quando i ticinesi sono tornati in Super League la prima gara dopo il giro di boa ha quasi sempre detto male. Sì, Maurizio Jacobacci è in un certo senso in buona compagnia. Alla 19. giornata di campionato solo Pierluigi Tami riuscì a centrare i tre punti. Il tutto però in un contesto paragonabile solo fino a un certo punto a quello degli altri allenatori bianconeri. Durante la stagione 2017/18 l’avvio della seconda parte di torneo si giocò ancora in dicembre. E quindi con tanti minuti nelle gambe, schemi assodati nella testa e affiatamento nello spogliatoio. Allora il Lugano di Tami s’impose 2-0 a Thun, consolidando il 7. posto in classifica (22 i punti) e regalandosi un Natale sereno. Tanto da infilare tre successi consecutivi anche alla «vera» ripresa in febbraio. Tutto molto bello. Eppure quella squadra chiuse il campionato in perdita di velocità e con un anonimo 8. posto a quota 42 punti.
Quante scoppole al rientro
Questo per dire che una vittoria alla prima del ritorno non per forza fa rima con gloria a fine maggio. Ne sono la prova le gestioni Tramezzani e Celestini, rispettivamente nelle stagioni 2016/17 e 2018/19. Dopo aver sostituito Andrea Manzo, il «Trame» toppò nettamente l’esordio sulla panchina del Lugano: un 4-0 al San Giacomo contro il Basilea. Era il 4 febbraio del 2017 e la classifica non prometteva nulla di buono (nono posto a +1 dal Vaduz ultimo). Nemmeno quattro mesi dopo e i bianconeri festeggiavano però l’accesso diretto ai gironi di Europa League. Grossomodo quanto avvenuto con Celestini un anno fa. Il 6 febbraio gli uomini di don Fabio perdevano malamente a Cornaredo con il Thun (1-3 il risultato), vivendo tuttavia una primavera esaltante che è valsa un altro biglietto per i sorteggi di Montecarlo.
Alla squadra di Jacobacci auguriamo di compiere lo stesso cammino. E non, al contrario, di ripercorrere le orme del Lugano di Zdenek Zeman. La seconda parte di campionato con il boemo si trasformò in un mezzo calvario. Le cose si misero male già a inizio febbraio, quando il calendario portò a Cornaredo un avversario diretto in chiave salvezza: il Vaduz. Lo avete capito, non andò bene. Anzi, finì malissimo, con la compagine del Principato capace di sferrare 5 sberle in pieno volto a Rey e compagni. Una botta pazzesca, dal momento che si dovette aspettare il 20 marzo per vedere un successo bianconero. Il Lugano ad ogni modo si salvò per il rotto della cuffia, mettendosi alle spalle per un solo punto lo Zurigo.
Un crocevia alle porte
Per evitare di complicarsi la vita da qui a maggio, alla formazione di Jacobacci - quella del record di punti a metà torneo - servirà insomma trovare al più presto la ricetta per curare i primi accenni di malessere emersi a San Gallo. Non foss’altro perché alle porte c’è la delicata sfida contro lo Xamax. Vincere sabato sera a Cornaredo molto probabilmente cucirebbe la pettorina di papabile relegato addosso agli stessi neocastellani e al Thun. E ciò permettendo di riflesso ai bianconeri di guardare ad altri obiettivi, più o meno ambiziosi. In caso di sconfitta il Lugano si caccerebbe invece nei guai, riaccendendo le speranze di salvezza diretta di chi insegue sul fondo della graduatoria.
No, il paziente non è ancora malato. Alla prima difficoltà fisica e mentale tende però a lasciarsi andare. A subire gli eventi, anche. Per il presidente Angelo Renzetti si tratta di un film visto e rivisto. Ma se accompagnata da un esame di coscienza di alcuni giocatori, coraggio e un colpo di mano sul fronte del mercato (l’arrivo della giovane punta Christopher Lungoyi da solo non basta) la sconfitta al rientro potrebbe anche fare bene al Lugano. In fondo è già successo in passato.