Calcio

Svizzera contro Islanda: la rivincita per scacciare lo spettro di Euro 2008

Diciassette anni fa, all'Europeo casalingo, la nazionale maschile si ritrovò fuori da qualsiasi discorso qualificazione dopo sole due partite – Uno scenario che la selezione di Pia Sundhage, domani a Berna, vuole assolutamente evitare
©GEORGIOS KEFALAS
Red. Online
05.07.2025 17:00

Diciassette anni fa, nel 2008, l'Europeo di calcio si giocava in Svizzera (e in Austria). Proprio (o quasi) come oggi. All'epoca, la nazionale maschile era guidata dal compianto Köbi Kuhn. L'intero Paese riponeva grandi, grandissime speranze nei vari Frei, Streller, Barnetta e Müller. Il risultato? La Svizzera perse le prime due partite, contro Repubblica Ceca e Turchia, rimediando un'eliminazione anticipata ancorché umilante. A nulla, ovviamente, valse il successo contro un Portogallo già qualificato all'ultima curva del girone. L'avventura finì ancora prima di iniziare, in sostanza. 

Oggi, quel ricordo sportivamente doloroso – come scrive la Tribune de Genève – aleggia come uno spettro sulla nazionale femminile di Pia Sundhage, battuta all'esordio di Euro 2025 da una Norvegia tutto fuorché fenomenale. Domani sera alle 21, a Berna, le rossocrociate cercheranno di rialzarsi battendo l'Islanda per poi andare a caccia dei quarti di finale giovedì prossimo, a Ginevra contro la Finlandia. Sarebbe, questo, uno scenario ideale. Eppure, lo spettro del 2008 e dell'Europeo maschile come detto incombe. Perché?

Qualche analogia, evidentemente, c'è. Nel 2008, scrive sempre la Tribune, Köbi Kuhn era stanco, meno spensierato e prigioniero di un contesto complicato: da un lato la grave malattia della moglie, dall'altro le tensioni nello spogliatoio con la cacciata di Vogel un anno prima. Kuhn, insomma, era criticato. Anche Pia Sundhage ha affrontato e sta affrontando critiche. Per i suoi metodi di lavoro, per le richieste sin qui fatte, per il fatto che nei mesi precedenti l'Europeo si sia riempita l'infermeria di giocatrici elvetiche. E la realtà, nuda e cruda, è fin troppo chiara: la Svizzera deve vincere la prossima partita, o quantomeno non perderla, altrimenti andrà incontro a una delusione come quella della selezione maschile del 2008. 

Nel 2008, la Svizzera ospitò il suo primo grande torneo dopo i Mondiali del 1954. La generazione d'oro dei primi anni Duemila si era già qualificata a Euro 2004 e, soprattutto, ai Mondiali del 2006, dove si fermò ai rigori contro l'Ucraina agli ottavi. Nel 2025, la Svizzera femminile sa di dover fare risultato anche per una questione, direbbero gli americani, di legacy. Ovvero, di eredità. Il movimento, nel nostro Paese, è in netta crescita e in pieno sviluppo. Ma solo un risultato della nazionale maggiore potrà scuoterlo in maniera definitiva, detto che la volontà politica non dovrebbe mai dipendere dalle vittorie o dalle sconfitte. L'eliminazione del 2008, per la rappresentativa maschile, fu uno shock. Ma da quella delusione la Federazione seppe ripartire, costruendo altri cicli. Vincenti, a loro modo. 

Nel 2025, la Svizzera femminile sa di poter dribblare il 2008 maschile e, semmai, seguire la strada intrapresa dopo quel torneo. In termini di gioco, e quindi di credibilità, la prestazione di mercoledì sera contro la Norvegia (soprattutto nel primo tempo) è stata un passo in questa direzione: una determinazione, una qualità e un'intensità che hanno fugato ogni dubbio circa il potenziale della selezione. La Svizzera, conclude la Tribune, è una squadra in transizione generazionale che vuole scrivere il proprio destino. È una squadra certamente ancora imperfetta, non all'altezza delle migliori nazionali, ma sta compiendo veri progressi. 

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