Trent’anni dopo, la stessa sfida: «Noi passammo grazie al gruppo»

Vincere in trasferta per approdare in semifinale di Coppa Svizzera. Un’impresa che, al Lugano, sfugge ormai da trent’anni. Sì, avete capito bene. Dal 1992 ad oggi, i bianconeri hanno staccato il biglietto per il penultimo atto in cinque occasioni. Quattro delle quali però, le ultime, superando lo scoglio dei quarti tra le mura amiche. Per ritrovare una situazione analoga a quella che i sottocenerini sperano di vivere questa sera a Thun, bisogna invece riavvolgere di tre giri il nastro dei ricordi. Tornando appunto al 1992, e più precisamente al 5 maggio di quell’anno. Il caso vuole che anche all’epoca i parametri fossero identici a quelli odierni: il Lugano, compagine dell’allora Lega Nazionale A, sfidò una squadra di B. «Peccato però che si trattasse del Basilea - ricorda con un sorriso René Morf, storico difensore bianconero, che quel match lo disputò -. Una piazza che, seppur inserita nel campionato cadetto, rimaneva comunque caldissima e ambiziosa. E che, un po’ come il Thun odierno, poteva vantare alcuni giocatori di assoluto spessore come gli olandesi Kok e Sitek, paragonabili allo svedese Gerndt. Non fu dunque un caso se, in quell’occasione, vivemmo una serata complicata».
Una rimonta figlia del carattere
Al vecchio San Giacomo, davanti a 7.700 spettatori, i bianconeri passarono in vantaggio per primi con un gol di Graciani, facendosi però in seguito rimontare e superare dai padroni di casa. «Poco dopo l’ora di gioco ci ritrovammo sotto per 2-1, con il forte rischio di venire estromessi - prosegue Morf nel suo racconto -. L’arma in più di quella squadra, però, era la tenacia di un gruppo dal grandissimo carattere. Che, anche in quell’occasione, venne fuori alla distanza. All’86’ impattammo il match con Marco Walker, ma non ci accontentammo di portare la sfida ai supplementari. Continuammo a spingere, e nei recuperi - al 91’ - completammo l’opera con il definitivo 2-3 di Andrioli».
Dietro a quell’approdo in semifinale, secondo Morf, vi fu un uomo in particolare. Che, trent’anni più tardi, favorisce un parallelismo con il Lugano attuale. «Fu un successo figlio della nostra identità, di uno spirito combattivo instillato da un grande motivatore come Karl Engel, il nostro tecnico di allora. Delle doti che oggi rivedo in Mattia Croci-Torti. Un allenatore preparatissimo sotto il profilo tecnico, capace in più di offrire un apporto decisivo anche sul piano emotivo».
Insidie e benefici
Un atout da sfruttare. Al quale aggrapparsi. Anche perché oggi, stando all’ex difensore bianconero, il cammino dei sottocenerini verso il penultimo atto presenta maggiori insidie rispetto a trent’anni fa: «Noi avemmo la fortuna di disputare i quarti a inizio maggio, quando il girone di ritorno era già entrato nel vivo. Tutt’altra storia rispetto al calendario attuale, che ti obbliga a scendere in campo a un paio di settimane dal rientro dopo la pausa invernale. E per giunta sul sintetico. Spero che, quantomeno, Sabbatini e compagni possano approfittare del fatto che il match si disputerà in trasferta. Può infatti apparire paradossale, ma evitare di giocare davanti al proprio pubblico toglie parecchia pressione, che invece in casa si avverte».
Occhio a farsi ingolosire
Nel 1992, dopo aver superato il Basilea, il Lugano riuscì ad avanzare fino alla finalissima, poi persa contro il Lucerna. Un anno più tardi i bianconeri si rifecero sollevando il trofeo al Wankdorf, battendo il più quotato Grasshopper. Furono due cavalcate storiche, che fecero vibrare l’intera città. L’exploit realizzato negli ottavi, estromettendo l’YB a Cornaredo, ha risvegliato queste sensazioni? «In parte sì - rileva Morf -. E sono certo che i giocatori lo avvertono. D’altronde la Coppa in Svizzera ha grande valore, molto più che altrove. Non a caso sia Renzetti, sia ora la nuova proprietà, l’hanno sempre posta come obiettivo. Quest’anno la costellazione venutasi a creare è davvero interessante, ma guai a farsi ingolosire dall’uscita di scena di tante big. In questo torneo lo sgambetto è infatti sempre dietro l’angolo».
Croci-Torti: «La differenza la farà l’aspetto mentale»
È un Lugano in possibile emergenza difensiva quello che stasera scenderà in campo alla Stockhorn Arena di Thun, in cerca della qualificazione alle semifinali di Coppa Svizzera. Mattia Croci-Torti dovrà infatti fare a meno sia dello squalificato Hajrizi sia dell’infortunato Maric. E alla lista potrebbero aggiungersi anche gli acciaccati Ziegler e Bottani. «Dovremo essere flessibili - rileva il «Crus» senza scomporsi -. D’altronde, quando si gioca ogni quattro giorni, bisogna sapersi adattare. Contro i bernesi, a fare la differenza, non saranno però la tattica e la condizione fisica, bensì l’aspetto mentale. Gli uomini che scenderanno in campo sanno che non si tratta di una partita normale, e che la storia del club richiede che sia speciale».
Sabbatini e compagni dovranno dimostrare di saper reggere il pesante ruolo dei favoriti. Sia a Thun, sia per la vittoria finale. «Non possiamo nasconderci: tutte le compagini che sulla carta ci erano superiori sono state eliminate. Allo stesso tempo, però, abbiamo già visto a Neuchâtel quanto può essere complicato vincere una partita simile. E a Thun, in questa edizione, sia il Grasshopper sia il Servette ci hanno già lasciato le penne. Posso garantire che non sottovaluteremo l’avversario, allenato peraltro da un tecnico - Carlos Bernegger - che conosco molto bene. È un grande motivatore, dovrò saper fare lo stesso. Occhio infine anche al sintetico: nei primi minuti dovremo cercare giocate semplici, per trovare il giusto feeling e prendere fiducia».