Un pioniere al servizio del Lugano

Staff tenico, staff medico, team manager. Oggi i giocatori sono circondati da una schiera di specialisti per ottimizzare le loro prestazioni, mentre una volta si faceva capo unicamente ad un allenatore tuttofare. Erano i tempi dei sergenti di ferro dalle parole umilianti, senza programmazione e competenze specifiche.
Karl Engel, vincitore della Coppa Svizzera nel 1993 con il Lugano, aveva intravisto una figura nuova e fondamentale: il terapista sportivo. E Christos Vassos era il responsabile del recupero degli infortunati bianconeri. «Al lavoro mattutino di tre ore in palestra faceva seguito una seduta pomeridiana sul campo, a parte» spiega proprio Vassos. «Oggi è la prassi, allora era una novità che manteneva alta la motivazione di chi voleva tornare a giocare. Un calciatore vuole sempre rimanere a contatto con la squadra, soprattutto quando sta male».
Vassos era considerato un luminare del settore, tanto che la bandiera del Lugano di quegli anni, Christian Colombo, martoriato da infortuni e interventi chirurgici, riuscì a tornare sano e vincente. «Il caso di Tita – continua Vassos – mi aveva colpito, come terapista e come uomo. Quando lo vidi alzare al cielo la Coppa Svizzera, fu il coronamento di tutto il lavoro specifico che facemmo per lunghi mesi».
Addio al padre padrone
Oggi, l’allenatore può contare su diversi aiuti per mantenere la rosa al top anche dal punto di vista atletico. «Dal padre padrone, che imponeva allenamenti senza ossigeno (anaerobici) con metodi molto forti, seguiti da punizioni altrettanto massacranti in caso di sconfitta, si è capito che i successi erano solo momentanei per chiari limiti fisici e che i problemi muscolari e gli strappi erano ricorrenti. Un calciatore, di norma, non superava i 30 anni. Solo campioni come ad esempio Gianni Rivera, tecnicamente dotati e intelligenti dal punto di vista tattico, scampavano a questa regola brutale».
Poi si specializzarono i massaggiatori, in passato sottovalutati. «Una figura importante non solo per l’aspetto fisico – precisa Christos Vassos – perché fungevano da confessori e aiutavano i giocatori a riprendersi pure mentalmente».
Il preparatore atletico diede una svolta al mondo del calcio. «Assolutamente sì. Con all’aiuto del vice allenatore, il tecnico poteva sempre più dedicarsi all’aspetto tattico, tanto che nelle grandi nazioni la sua presenza sul campo durante gli allenamenti era limitata. Ma è stato il preparatore atletico a liberare lo staff tecnico da tutti quegli aspetti specifici che hanno reso il lavoro fisico più performante e soprattutto personalizzato».
Senza dimenticare i terapisti nel recupero degli infortunati. «Negli anni ‘90 eravamo dei pionieri con lo staff medico del Lugano, oggi ci sono interi laboratori a disposizione delle squadre. Diciamo che il nostro ruolo ha contribuito a risolvere più in fretta e in maniera duratura anche i casi complicati. Le pretese di questo calcio sono enormi, ognuno è ipersollecitato e gli allenatori non possono aspettare a lungo i loro giocatori».
Il sonno e l’alimentazione
Nell’hockey si riesce addirittura a giocare a distanza di sole ventiquattro ore. «Quando l’intensità è così alta e i tempi di recupero ristretti, la soglia aerobica deve essere molto alta per permettere al cuore di abbassare i suoi battiti nel giro di 2-3 minuti al massimo. Altrimenti il giocatore perde di esplosività e resta fiacco. Il lavoro aerobico degli allenamenti durante la preparazione estiva è basilare, con tanta corsa a intensità ridotta. Ottimale se si riesce a parlare normalmente durante un esercizio di almeno 30-40 minuti».
Due altri aspetti incidono sulle prestazioni ravvicinate. «L’alimentazione e lo spostamento» conclude Vassos. «Di norma si mangia dopo la gara fino al 70% di carboidrati, poche proteine e tanti liquidi. Inoltre, sul bus i giocatori necessitano di dormire comodamente».
IL GRANDE RITORNO DEL CAPITANO: «TITA MI CONQUISTÒ»
Christian «Tita» Colombo, oggi 51.enne, vanta una Coppa Svizzera nel 1993 con il Lugano e e un’altra nel 1996 con il Sion. Successi cari a Vassos, che ricostruì il fisico del centrocampista quando tutti pensavano ad un’invalidità sportiva. «Christian mi conquistò per la grande voglia di tornare. Veniva da un anno di inattività, operazioni e sofferenza. Aveva un deficit muscolare, psicologicamente era a pezzi». Per questo è basilare che l’infortunato sia seguito ogni giorno. Per favorire il ritorno del capitano, il Lugano concesse a «Tita» un soggiorno di due settimane alle Canarie con Vassos. «Lavorammo su tre superfici specifiche: le dune per gli arti inferiori e la resistenza, la sabbia per il rinforzo dei piedi e delle caviglie, la battigia per la velocità e la reattività. Fu la svolta. Poi Tita continuò con il lavoro personale, oltre all’allenamento con la squadra».
DA SAPERE
Christos Vassos, 60 anni, padre di due figlie, ha lavorato come terapista sportivo per il FC Lugano negli anni Novanta. Greco di origine e ticinese di adozione, ha aiutato numerosi giocatori che ancora oggi sono nel cuore dei tifosi bianconeri: Galvao, Subiat, Andrioli, Colombo, Jensen, Englund, Esposito, Penzavalli, Fornera, Pelosi, Pagnamenta, Hertig, Tami e altri ancora. «Zuffi, Morf, Walker, Carrasco e Sylvestre non li vedevo mai, che fortuna» spiega il diretto interessato.
Laureato in educazione fisica al Politecnico federale di Zurigo, Vassos si è specializzato in riabilitazione cardiaca e muscolare alla Deutsche Sporthochschule di Colonia e ha seguito uno studio supplementare in psicologia applicata per l’allenamento mentale all’Università Professionale di Zurigo. Oggi è docente di educazione fisica alle Scuole professionali di Bellinzona. Si tiene aggiornato sulle metodologie di allenamento ed è appassionato di tennis.