L'editoriale

Una lezione importante per amarti ancora di più

La sfida persa contro i campioni svizzeri costituisce un prezioso insegnamento per un club che da due stagioni a questa parte sta conquistandosi il rispetto di tutto il Paese
Massimo Solari
05.06.2023 06:00

Le lacrime non sanno se tracimare. Contese, come sono, fra amarezza e orgoglio. Esitano giocatori e allenatore, stremati dopo l’ennesima narrazione epica offerta in Coppa Svizzera. E sui treni che rientrano con meno baldanza in Ticino, tentenna pure il popolo bianconero, a cui l’euforia del 15 maggio 2022 è stata strappata via brutalmente. Per alcuni, il Lugano ci credeva troppo. Lo Young Boys, infine trionfatore, sarebbe stato per certi versi sottovalutato. Oppure, rovesciando la questione, la squadra di Mattia Croci-Torti avrebbe cercato di appiccicarsi addosso l’etichetta di «grande» troppo in fretta. Non siamo d’accordo. È vero, il gran finale andato in scena al Wankdorf ha messo a nudo la formazione ticinese e chi la gestisce. Addirittura facendola sentire in imbarazzo. Ma, ci dispiace, 45 minuti interpretati male non sono sufficienti per fare sentire fuori posto Sabbatini e compagni. No, non devono assolutamente farlo.

La sfida persa contro i campioni svizzeri, semmai, costituisce un prezioso insegnamento per un club che da due stagioni a questa parte sta conquistandosi il rispetto di tutto il Paese. Avversari più quotati compresi. Proprio lo Young Boys, appunto, rimane più bravo. Il modello per eccellenza. Quello da cui copiare le ultime risposte.

Al Lugano, a Berna, è mancato davvero poco per dimostrare che i panni dell’allievo, oramai, sono da considerare stretti. E però, banalmente, quel poco ha fatto la differenza. Il proprio trattato di supremazia, i gialloneri lo hanno plasmato con la forza. La forza fisica intendiamo. L’avete vista tutti la partita e, di riflesso, il differenziale atletico tra le due contendenti. Ecco, chi si appresta a puntellare la squadra bianconera del futuro non avrà scelta. I centimetri contano, eccome, e su di loro bisogna investire. Affermare che il Lugano avrebbe messo sicuramente le mani sulla Coppa grazie a un paio di elementi alti 1,90 m, sarebbe ad ogni modo semplicistico. Sbagliato, anche. Sua maestà Nsame non ha frantumato i sogni bianconeri solo per questo. No, contano pure qualità ed esperienza. In Svizzera come all’estero. E allora è doveroso aprire il dibattito su un paio di posizioni. «Senza un briciolo di paura», volendo dirla con il Crus.

Chi doveva difendere i pali, e non è una novità, ha tradito. Così come l’eterna promessa incompiuta Belhadj e Uran Bislimi. Il primo si è confermato calciatore umorale, capace del meglio (non ieri) come del vacuo (ieri). Il secondo, appena entrato nel giro allargato della Nazionale, è stato schiacciato dal peso del match e da un ruolo non esattamente cucito sulla sua persona. Ha sbagliato Mattia Croci-Torti, dunque? Sì, il condottiero del Lugano ha preso qualche decisione infelice. E, ne siamo certi, queste manchevolezze lo renderanno un allenatore migliore. Molto presto. Il Crus, infatti, ha compreso appieno quanto la storia fosse vicina a concedersi di nuovo. Lo ha capito già nella pausa tra il primo e secondo tempo, quando ha saputo trasformare un gruppo apparso in difficoltà nella formazione che tutti abbiamo appreso ad amare. Di più: forse, da oggi, il Lugano merita di essere amato e legittimato con trasporto ancora maggiore. Perché una resa, figuriamoci se così struggente e degnamente assunta, non deve ridimensionare alcunché. È stata una piccola, grande lezione. Importante e - giunti a un passo dalla gloria sportiva - dolorosissima. Inutile trattenere le lacrime.