Euro 2020

«Valgono più 255 partite assieme che un inno cantato»

Alla vigilia degli ottavi di finale contro la Francia, i capitani della Nazionale svizzera Granit Xhaka, Xherdan Shaqiri e Yann Sommer parlano a ruota libera: l’Europeo in corso, il loro rapporto e quello con il Paese che spesso non esita a criticarli - LE FOTO
Massimo Solari
27.06.2021 08:00

Ancora insieme. Esattamente dieci anni dopo aver flirtato con il titolo di campioni d’Europa. Seduti attorno a un tavolo, uno di fianco all’altro, i capitani della Nazionale svizzera condividono stati d’animo e riflessioni. Sguardi, anche. Granit Xhaka, il suo, non lo abbassa mai. Nemmeno a fronte delle domande più scomode. A Yann Sommer piace gesticolare, quasi cercasse le parole più adatte nell’ambiente circostante. Xherdan Shaqiri è di buon umore, affabile, non esita a sovrapporsi ai compagni, dando una personale sfumatura all’argomento di turno. Il 25 giugno del 2011, dicevamo, erano tutti e tre in campo ad Aarhus – Danimarca – per contendere alla Spagna la finale degli Europei Under 21. Oggi si apprestano ad affrontare la Francia, negli ottavi di finale del torneo continentale. Ed è la 256. tappa in rossocrociato che percorreranno mano nella mano. «Facciamo parte di un’interessante generazione di calciatori, sbocciata già nel 2009, con la vittoria dei Mondiali U17» osserva in merito Xhaka. «Credo che in queste competizioni l’impossibile non esista. Dai primi successi al presente siamo cresciuti, progrediti. E con noi pure la Nazionale si è sviluppata. Lunedì ci attende un’altra importantissima sfida». «E, certo, sarebbe bellissimo regalare un nuovo exploit ai tifosi, alla Svizzera» aggiunge Sommer. «Dieci anni fa abbiamo provato sulla nostra pelle cosa significhi l’euforia di un Paese, per aver sfiorato un traguardo sportivo così prestigioso. Quindi, sì, rimane un obiettivo al quale ambire, ma allo stesso tempo complicato da raggiungere».

«Quattro ottavi consecutivi, non diamolo per scontato»

Per continuare ad alimentare il proprio sogno, gli elvetici dovranno però scalare un ottomila. E, inutile sottolinearlo, le chance di farcela sono minime. «Per questo motivo dovremo giocare al massimo delle nostre capacità, se possibile superando anche i nostri limiti» afferma Shaqiri: «Le probabilità di spuntarla non sono molte. Ma ci sono. In Francia credono di aver già passato il turno. Meglio così. Un simile atteggiamento potrebbe favorirci. Abbiamo una grande chance e 90 minuti per offrire una prestazione perfetta, della quale avremo bisogno». I rimasugli della batosta rimediata contro l’Italia rischiano tuttavia di tornare in superficie. «Il potenziale dei transalpini non si discute» riconosce Xhaka. «Così come le qualità dei singoli giocatori, campioni del mondo in carica. Posso però assicurare che in campo si vedrà una Svizzera diversa rispetto a quella che ha commesso tanti, troppi errori all’Olimpico. Da sconfitte come quella di Roma c’è tanto da imparare. Perciò, ripeto, a Bucarest sarà di scena una squadra migliore». I necessari confronti, garantisce Xherdan, si sono nel frattempo consumati. «E la reazione mostrata con la Turchia ne è la prova».

YANN SOMMER: Per la quarta volta consecutiva la Nazionale ha superato la fase a gironi. Ritenerla una formalità non è corretto ma rende bene l’idea dei passi avanti compiuti dalla nostra selezione

Per superare la corazzata di Didier Deschamps un sussulto d’orgoglio rischia però di non bastare. Figuriamoci delle prove come quelle registrate negli ultimi due ottavi di finale contro Polonia (Euro 2016) e Svezia (Mondiali 2018). Sommer gesticola e prende la parola: «Per la quarta volta consecutiva la Nazionale ha superato la fase a gironi. E darlo per scontato sarebbe un errore. No, esserci riusciti rimane una conquista per la Svizzera. Anche se ritenerla una formalità rende bene l’idea dei passi avanti compiuti dalla nostra selezione. Detto ciò, rivangare gli ottavi con l’Argentina, la Polonia e la Svezia ora non ha alcun senso. Contro la Francia sarà un’altra partita. Una di quelle per le quali è bello ed entusiasmante fare questo lavoro».

«Ma le auto dei giocatori sono un argomento interessante?»

Peccato che all’appuntamento con la storia, la Svizzera arrivi con il solito codazzo di polemiche – molte delle quali futili – e qualche mal di pancia. Dai tatuaggi pre-Euro al parrucchiere in hotel per ossigenare i capelli di questo e quell’altro, i rossocrociati assomigliano a un criceto e la sua ruota è il nostro circolo vizioso. «Ma si tratta di questioni che non influenzano e non hanno influenzato le prestazioni della squadra» afferma convinto Xhaka. Per poi rilanciare: «Ritengo che le 255 partite disputate insieme a Yann e Xherdan, valgano molto di più di tutto questo o di un inno cantato». Shaqiri annuisce: «È un peccato, davvero, dare importanza a simili aspetti e non al calcio giocato. Una cosa, ad ogni modo, è sicura: tra noi non sono temi di discussione. Zero». Al proposito Sommer non si capacita di un altro aspetto: «Non sono argomenti interessanti. O mi sbaglio? Che senso ha, ad esempio, fare articoloni sulle auto con le quali i giocatori si presentano in ritiro?». Eppure, sul cosiddetto «caso Figaro» il Paese si è spaccato. Con i media svizzerotedeschi a sparare a zero (o quasi), i romandi a fare i pompieri e i ticinesi in mediana. Sommer torna quindi alla carica: «Negli ultimi cinque anni la squadra ha attraversato diversi momenti delicati. Con tanto di partite che hanno assunto una valenza politica. Ecco, credo che restare uniti di fronte a critiche anche non facili da gestire abbia rafforzato la Nazionale che lunedì sfiderà la Francia».

GRANIT XHAKA: Impossibile piacere a tutti. Non m’interessa nemmeno, a dire la verità

E a proposito di percezioni diverse. Xhaka. Sommer. Shaqiri. Tre giocatori, altrettanti gradi d’accettazione a livello popolare. Granit fatica a «passare», Yann è amato da tutti, Xherdan manda in estasi tanti ragazzini che vorrebbero diventare calciatori. «Nessun problema» assicura il centrocampista dell’Arsenal: «Impossibile piacere a tutti. Non m’interessa nemmeno, a dirla tutta. E non vedo perché dovrei essere geloso della popolarità di Yann. Anzi. Sono fiero, come indicato in precedenza, di aver potuto condividere tante esperienze sportive insieme a lui e a Xherdan. Noi sì, che ci conosciamo veramente. E non a caso tra le nostre famiglie c’è un’ottima intesa e molto rispetto». Pure il portiere della Nazionale taglia corto: «Non mi sono mai preoccupato particolarmente delle singole opinioni sul mio conto. Per altro, non ho il potere di influenzarle». Shaqiri, poco distante, sorride: «Per quanto mi riguarda, sono forse favorito da uno stile di gioco spettacolare. E da una tipologia di reti che effettivamente può fare presa sui più giovani».

Dalla panchina a un record speciale

La Nazionale è comunque composta da altre 23 pedine. E per diverse di loro, Euro 2020 ha fatto rima con panchina o addirittura tribuna. I capitani come gestiscono questi fragili equilibri in spogliatoio? «Innanzitutto prendere parte a un torneo così importante non è qualcosa di automatico e deve quindi essere motivo d’orgoglio» precisa Xhaka. «È comunque nostro compito cercare di creare una dinamica positiva, che coinvolga tutti gli elementi convocati. Gli allenamenti, in questo senso, sono un momento molto importante». Shaqiri s’introduce nel discorso e parla per esperienza personale: «Ai Mondiali del 2010 giocai solo una ventina di minuti. E rimanere ai margini non è mai piacevole. Ma queste delusioni vanno trasformate in stimoli, per i tornei a venire. Per dimostrare di meritarsi una chance negli undici che saranno schierati al prossimo Mondiale».

XHERDAN SHAQIRI: Sono molto fiero di essere diventato il miglior marcatore rossocrociato nella storia dei grandi tornei. Questo primato non è caduto dal cielo, è il risultato di un lungo percorso

Da quello scampolo di partita in Sudafrica, il piccolo XS ha fatto passi da gigante. Diventando, grazie alla doppietta rifilata alla Turchia, il miglior marcatore svizzero nei grandi tornei. «Sono molto fiero di questo primato. Che non è caduto dal cielo, ma è il risultato di un lungo percorso. Venirne a conoscenza è stato qualcosa di speciale. E, va da sé, mi auguro di poter arricchire ulteriormente questa statistica». Una statistica nella quale figura persino un gol di destro. Incredibile. O forse no? Xhaka, una volta di più, rimane serio. O, meglio, semiserio: «Onestamente non mi ha sorpreso vedere Xherdan trovare la rete con il piede debole. Non è la prima volta nella sua carriera. Anche se, in effetti, è senz’altro stato il suo gol più bello di destro». In attesa del prossimo con la maglia rossocrociata. Perché no, magari già lunedì all’Arena Nationala di Bucarest. Ancora insieme a Granit e Yann.

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