«Vi racconto Muri, sempre alla ricerca della serenità»

Chi è Murat Yakin fuori dal campo? Una persona molto riflessiva. Coerente, anche. E, forse non ci crederete, pure un po’ timida. In questo senso non mi ha sorpreso la reazione di «Muri», al termine della magica serata di Lucerna. Sì, qualche emozione - e ci mancherebbe - è venuta a galla. Dentro, ne sono certo, il mio amico e vecchio compagno era un vulcano. Ma anche in un contesto del genere ha mantenuto una linea a lui cara. Non ci si esalta nel successo e non ci si deprime dopo essere caduti. Così come nella vita privata bisogna essere in grado di relativizzare. Di andare oltre. Cercando la serenità pure nei momenti più complicati. L’esempio, da tradurre nel quotidiano di Murat, è quello dei tanti infortuni con i quali hanno dovuto fare i conti i rossocrociati. Io, che ho avuto la fortuna di seguire da vicino gli allenamenti della Svizzera a Lugano e di passare qualche ora con Yakin, di panico non ne ho percepito neanche un po’.
No, «Muri» non è cambiato rispetto ai tempi del GC e della Nazionale, quando eravamo giovani. È un tipo che ti ascolta. Che ti studia e legge il tuo comportamento. Fornendo materiale continuo al proprio bagaglio da fine psicologo, più che da tattico. E, va da sé, capendo in che modo potrà valorizzarti. È cresciuto in fretta, Murat. Ha dovuto crescere in fretta. Per sostituire un padre andatosene di casa troppo presto. Convivendo, come accaduto anche al sottoscritto, con le pieghe più scomode dell’integrazione. In questi casi, oltre a proteggere chi ti sta vicino - e il pensiero va subito ad Hakan - è necessario trovare un modo per proteggere te stesso. E «Muri», negli anni, ha costruito una sorta di schermo davanti a sé. Un filtro che, come dicevo inizialmente, gli ha permesso e gli permette tutt’ora di porsi con grande sicurezza e personalità. Non mi sorprende, insomma, che in soli tre mesi la squadra lo abbia seguito ciecamente e con un simile ardore. Anzi, percepisco un trasporto maggiore e più autentico rispetto al passato. Avere Murat come allenatore, d’altronde, incute una soggezione sana e positiva fra i giocatori. I quali, a fronte di un ct così carismatico, non vogliono sfigurare ed essere da meno. E a proposito di mettersi in gioco. A mio avviso lo scetticismo che ha accompagnato la nomina di «Muri» è stato un detonatore. L’ennesimo, per uno straniero che - da ragazzo - ha fatto della vittoria lo strumento preferito per dimostrare di essere all’altezza del Paese che lo ha accolto. Di meritarsi il rispetto della gente. L’intelligenza e le intuizioni di «Muri» hanno fatto il resto.