Il personaggio

Wenger e il sogno di un’eredità in grado di cambiare il calcio

A Zurigo, in una serata a lui dedicata, il responsabile dello sviluppo mondiale per la FIFA ha raccontato la sua nuova missione - L’ex tecnico dell’Arsenal è sicuro: «Gran parte delle federazioni a noi affiliate ha un vasto potenziale inespresso, dobbiamo aiutarle a sfruttarlo»
Dopo quasi 50 anni trascorsi sui campi da calcio, prima da giocatore e poi da allenatore, dal 2019 Arsène Wenger è diventato un dirigente della FIFA.
Nicola Martinetti
20.11.2021 10:03

La voce è inconfondibile. L’inglese, caratterizzato da un forte accento francese, pure. Arsène Wenger non è cambiato di una virgola. Elegante e affabile, il 72.enne non ha perso l’abilità di incantare una platea. E, al netto di un ruolo oggi totalmente differente, nemmeno quella di ispirare il mondo del calcio. La panchina ha lasciato spazio alla scrivania. Gli orizzonti, per decenni ristretti a una singola realtà, si sono allargati. Il viscerale amore per il pallone, invece, è rimasto immutato. «Sono cresciuto in un piccolo villaggio alsaziano, in cui il calcio - nell’immediato dopoguerra - era molto in basso nella lista delle priorità. Chissà, forse inconsciamente è proprio lì, dove per anni il mio rapporto con questo sport si è basato solo ed esclusivamente sulla passione, che ho gettato le basi per abbracciare quello che è oggi il mio incarico presso la FIFA».

L’Arsenal è un dolce ricordo

Già. Dal 2019 Wenger ricopre il ruolo di responsabile dello sviluppo mondiale del calcio presso la federazione internazionale. Uno stacco netto col passato, in particolare con quei 22 anni in cui - alla guida dell’Arsenal - ha raggiunto vette elevatissime. I trofei e i traguardi tagliati - come dimenticare i suoi «Invincibili» gunners della stagione 2003/2004, capaci di vincere la Premier League inglese senza perdere nemmeno una partita? - sono ormai soltanto un dolce ricordo. Che l’ex tecnico francese non esita a rispolverare in occasioni particolari, come la serata in suo onore che ha recentemente animato il FIFA World Football Museum di Zurigo. Incalzato dalle domande dell’ex nazionale elvetico Pascal Zuberbühler, Wenger ha ripercorso con piacere le varie tappe della sua vita, dall’infanzia all’addio al club londinese nel 2018. Ma per quanto orgoglioso e divertito dal passato, è sul futuro del calcio che l’ex tecnico ha voluto porre l’accento con maggiore enfasi.

Il futuro è nelle mani dei giovani

«Da allenatore ho sempre avuto un occhio di riguardo per i giovani e il loro sviluppo. Non a caso ho dato assoluta priorità alla costruzione di un’accademia di prim’ordine una volta approdato all’Arsenal. Una “cantera” che ancora oggi sforna talenti a getto continuo, come dimostra la recente consacrazione di Bukayo Saka ed Emile Smith Rowe» ha affermato il 72.enne, che - seppur sollecitato - non ha voluto entrare nel merito della riforma del calendario internazionale da lui proposta, direttamente legata alla volontà di disputare i Mondiali ogni due anni. «Il futuro del calcio è nelle mani dei giovani, e ad oggi siamo ancora lontani dal permettere a tutti loro di avere le stesse possibilità. Far sì che questo accada è di fatto la mia missione».

Un potenziale da raggiungere

Nel corso degli ultimi tre anni, su richiesta dello stesso Wenger e del suo dipartimento, un gruppo di studio ha fatto il punto della situazione a livello globale. E i risultati, snocciolati dall’alsaziano durante la serata di Zurigo, puntano tutti nella stessa direzione: «Mi piace fare l’esempio di Kylian Mbappé, perché è molto significativo. Se oggi è il giocatore che tutti conosciamo, lo deve al suo talento, ma anche al fatto di essere nato in Francia, dove il suo potenziale è stato presto riconosciuto e sviluppato. Se fosse venuto al mondo in Camerun, nazione d’origine di suo padre, il suo percorso sarebbe potuto essere ben diverso».

Una questione di infrastrutture e di formazione, ma anche di sistemi di riconoscimento e sviluppo del talento. Tutti elementi da implementare con un unico obiettivo: permettere a chiunque di raggiungere il pieno potenziale. «C’è una grande correlazione tra la qualità del lavoro svolto con i giovani e i risultati che vengono poi ottenuti negli anni a seguire. In Svizzera l’esempio più lampante è quello della recente qualificazione ai Mondiali del 2022, ottenuta anche grazie all’apporto di diversi giovani talenti. Ma casi simili li abbiamo registrati in ogni ambito, anche quello femminile. Peccato però che riguardino soltanto una cinquantina delle 211 federazioni affiliate alla FIFA. E l’Europa, in questo contesto, è predominante».

Dal 2022 si invertirà la tendenza

La via scelta da Wenger e il suo dipartimento per invertire la tendenza, è stata tracciata: «In questo momento, a livello globale, non vi è abbastanza competitività. Siamo convinti che continenti come l’Africa e l’Asia abbiano un enorme potenziale inespresso. Grazie al nostro studio approfondito abbiamo definito come agire - in maniera mirata - in ogni federazione a noi affiliata. Nel 2022 inizieremo questo processo di supporto e crescita, che verosimilmente - data la mia età - non vedrò mai terminare con i miei occhi. Ma sono convinto che lascerà un’impronta indelebile e positiva sul mondo del calcio». Come, del resto, ha fin qui fatto il suo fautore.