Zeman: "Non vedrete buttare la palla in tribuna"

Ad una settimana dal campionato il tecnico del Lugano si racconta
Zeman prepara i bianconeri alla Super League. (fotogonnella)
Marcello Pelizzari
11.07.2015 06:00

LUGANO - Zdenek Zeman scruta l'orizzonte con fare curioso, osserva gli operai intenti a sistemare la vecchia tribuna di Cornaredo, si accende una sigaretta e inizia a parlare. L'allenatore del Football Club Lugano dosa le parole, infila qualche battuta e fra un silenzio e l'altro abbozza pure dei sorrisi. 68 anni, il boemo è sulla bocca di tutti: c'è chi lo considera un maestro, chi invece un perdente aggrappato ad un'utopia. Il presidente Angelo Renzetti gli ha affidato la panchina bianconera, convinto di poter ricreare la mitica «Zemanlandia» alle nostre latitudini. Sul piano mediatico la battaglia è già stata vinta: grazie all'ex allenatore di Foggia, Lazio e Roma, il Lugano ha trovato posto nella grande mappa del calcio. Adesso, si tratterà di tramutare l'entusiasmo in risultati sul campo. Ne parliamo con il diretto interessato in questa lunga intervista, ad una settimana e un giorno dall'atteso esordio in Super League a San Gallo.

Mister, dopo una vita passata in panchina si stupisce della curiosità che sa ancora creare attorno a sé?«Penso sia così per tutte le novità. E io, a Lugano, sono proprio una novità. L'interesse nei miei confronti nasce anche dal fatto di essere nel calcio da parecchio tempo: televisioni e giornali hanno parlato spesso di me».Con lei non esistono mai le vie di mezzo: c'è chi la ama e chi la odia. Come mai?«Credo che la gente, gli spettatori e in generale gli sportivi negli anni abbiano apprezzato il mio lavoro. Il famoso sistema, invece, no».Le piace recitare il ruolo del contestatore? O è stufo di lottare?«Mi piace credere in quello che faccio. Sono giudicato male da alcune persone solo perché voglio migliorare il calcio. Questo sport oggi è stritolato dal business. Mi piacerebbe fosse più puro. Purtroppo sono fra i pochi a pensarla così. L'amore dovrebbe venire prima dei soldi».È il motivo per cui è scappato dall'Italia, trovando rifugio in Svizzera?«L'Italia ha troppi problemi: scandali, scommesse, partite comprate. Io mi sono sempre schierato di traverso, ma nonostante le mie battaglie il sistema calcio peggiora di anno in anno. Sono venuto qui anche per trovare un ambiente più sano, sportivo, trasparente».Anche alle nostre latitudini abbiamo avuto scandali legati alle scommesse. Perché, allora, la Svizzera le ispira più fiducia?«È una questione di cultura sportiva. In Svizzera non c'è molto spazio per gli scandali. Si pensa di più a fare calcio. E io, nonostante il passare degli anni e le tante batoste, amo ancora tantissimo il mio mestiere e questo sport. Voglio fare calcio».Fra una settimana lei debutterà in campionato sulla panchina del Lugano: quanto è lontana questa squadra da quella che ha in mente?«Ho preso in mano una squadra che ha appena vinto il campionato di Challenge League. I ragazzi hanno entusiasmo, mi seguono, sanno che non sarà facile ma non si lamentano. Non so quanta differenza ci sia, spero che riusciremo a proporre un calcio divertente. Migliorando lungo il percorso».

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