Ciclismo

Ci sono troppe moto al Tour de France?

La domanda è tornata di strettissima attualità dopo l'attacco di Pogacar a Vingegaard, sabato, rimasto «soffocato» proprio dalla presenza di due moto
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Red. Online
16.07.2023 15:47

Le moto, dunque, falsano il Tour de France e, allargando il campo, le corse ciclistiche? Bella domanda. Di sicuro, il «blocco» di sabato in cima al Col de Joux Plane, quando Tadej Pogacar ha tentato un attacco alla maglia gialla Jonas Vingegaard ma è rimasto intrappolato dalla presenza, poco davanti a lui, di due moto al seguito della corsa, ha riacceso il dibattito. Possibile che questi mezzi, usati per filmare o fotografare la corsa, debbano stare così vicini? Altra bella domanda.

«Le moto hanno sempre avuto un'influenza sulle corse» ha tuonato l'ex professionista australiano Adam Hansen, una lunga carriera alle spalle e, oggi, voce ascoltata nel circuito poiché alla testa del sindacato corridori. «Oggi, hanno rubato dei secondi». Pogacar, nello specifico, non ha potuto affondare l'attacco.

L'incidente, trasmesso in diretta in qualcosa come 190 Paesi e divenuto virale sui social, ha indotto i commissari dell'UCI, l'Unione ciclistica internazionale, a escludere le due moto dalla tappa di oggi. «È inammissibile» ha detto dal canto suo un altro ex corridore, Laurent Jalabert, oggi opinionista per France Télévisions. Inammissibile perché, ha aggiunto, «il Tour potrebbe giocarsi proprio su questo episodio». Pogacar e Vingegaard, infatti, al termine della tappa di sabato erano a meno di dieci secondi l'uno dall'altro nella generale. Che cosa sarebbe successo se lo sloveno avesse potuto, davvero, attaccare nel momento in cui aveva deciso di farlo? Altra bella domanda, e siamo a tre.

Il fotografo sulla moto, mortificato, si è assunto le sue responsabilità. Pogacar, corridore ma soprattutto gentleman, non l'ha presa sul personale. Limitandosi a dire, con una certa ironia, di aver «sparato una cartuccia a salve». Quanto alla lotta per la maglia gialla, lo sloveno non ritiene che l'attacco mancato gli costerà caro: «È stato un errore e per noi è stato un vero peccato. Era una buona occasione. Ma non è stato un momento decisivo che deciderà la corsa».