Hockey

Duke e Hnat: «Facevamo i ds in fondo al bus»

Compagni, avversari e ora dirigenti di Ambrì e Lugano: Duca e Domenichelli raccontano il loro rapporto
Paolo Duca e Hnat Domenichelli compagni ad Ambrì nel 2007-08 © Ti-Press/Carlo Reguzzi
Fernando Lavezzo
01.10.2019 06:00

Se glielo avessero detto dodici anni fa, quando giocavano insieme nell’Ambrì Piotta, Paolo Duca e Hnat Domenichelli non ci avrebbero creduto. Eppure stasera succederà: avversari in un derby da direttori sportivi. Inimmaginabile. O forse no.

Adesso è realtà

«Non dico che questo mestiere ce l’avessimo nel sangue, ma già all’epoca ci piaceva parlare di mercato e strategie», ricorda Paolo Duca. «Quando andavamo in trasferta con l’Ambrì, spesso io e Hnat ci accomodavamo in fondo al bus e iniziavamo a discutere di hockey a 360 gradi. Insomma, giocavamo a fare i manager, ognuno con le sue idee. Ripensarci fa sorridere».

«È tutto vero», conferma il nuovo ds bianconero, raggiunto al telefono fuori cantone (stasera, infatti, non sarà ad Ambrì). «Io e Duke ci abbiamo scherzato su: ‘‘Eccoci qui, è successo davvero. Non è più un gioco, adesso si fa sul serio’’. Oggi come allora, io e Paolo siamo due studenti di hockey. Non smettiamo mai di imparare».

Discussioni appassionate

«Spesso le nostre chiacchierate erano animate», prosegue Domenichelli. «Su tante cose la pensiamo allo stesso modo, ma non mancano le divergenze. Ognuno ha le sue opinioni, le sue strategie. Duke è un bravo ragazzo, con una personalità forte. Ha il sangue caldo, difende con passione i suoi principi. Mi piace. Certo, a volte sarebbe più facile dargli subito ragione, perché con lui le discussioni possono diventare infinite».

«Io e Hnat abbiamo sempre avuto un buon rapporto», dice il ds leventinese. «È un amico. In pista siamo stati compagni e avversari. Poi, appesi i pattini al chiodo, abbiamo vissuto il rapporto tra ds e agente. E adesso siamo colleghi in due club rivali. Entrambi vogliamo che la nostra squadra vinca, ma questo non intacca il nostro rapporto. Lo rispetto come uomo di hockey e come persona. Ed è bello collaborare con lui in un progetto che ci accomuna come quello dei Ticino Rockets».

Questione di stile

Amicizia, rispetto, confronto. «Non è difficile andare d’accordo con Paolo», afferma Domenichelli. «Ha un gran cuore ed è molto preparato, l’Ambrì è fortunato ad averlo. Negli ultimi due anni, quando io ero agente e lui ds, ci è capitato di entrare in trattativa per dei giocatori da me rappresentati. Ebbene, si è sempre dimostrato onesto, aperto e competente».

«Hnat – replica Duca – è molto nordamericano nei suoi ragionamenti, nel suo modo di intendere il business. Ha un approccio in stile NHL, accenna a scambi, ai cosiddetti ‘‘trade’’. Però conosce molto bene la nostra realtà, è qui da una vita e sa che alcune cose, in Svizzera, raramente vanno in porto. Per ora a Lugano ha potuto fare poche mosse, ma tutte molto interessanti. Si vede che conosce bene il mercato internazionale».

«Io nordamericano? Beh, sì, non posso nascondere le mie origini. In Canada ci sono nato e cresciuto. Ma come dice Paolo, sono consapevole di come vanno le cose qui. In questi pochi mesi da ds ho capito che in Svizzera, per fare questo mestiere, ci vuole pazienza. E non si può sbagliare, perché rischi di restare bloccato per anni. Facendo parecchio scouting ho anche realizzato che in giro ci sono molti giovani talenti pronti a prendersi il loro spazio».

Dodici anni fa

Duca e Domenichelli hanno condiviso una sola stagione in biancoblù, nel 2007-08. Paolo era appena tornato a casa dopo sei anni tra Zurigo e Zugo. Hnat, invece, passò al Lugano l’estate seguente. «Quel campionato partì male», ricorda Duke. «Poi cominciammo a carburare, vincendo tante partite di fila. Ma sul più bello, attorno a Natale, Hnat si infortunò al ginocchio, chiudendo anzitempo la sua stagione. Fin lì era stato decisivo, in linea con Westrum e Sonnenberg. E anch’io, con Demuth e Stirnimann, avevo trovato una bella intesa. Purtroppo senza Domenichelli non riuscimmo a raggiungere i playoff e in seguito lui partì verso la Resega. Ad Ambrì era molto ben integrato e il suo passaggio a Lugano lasciò l’amaro in bocca a tante persone. Ma l’hockey è anche questo». Parola di direttore sportivo.