Ah che bei tempi: Il Giro della Svizzera 1952

Un altro ‘amarcord’ sul Giro della Svizzera. Lo abbiamo preparato proprio nel giorno della tragica scomparsa di Gino Mäder. La memoria, anch’essa dolorosa, mi riporta indietro di tantissimi anni quando un corridore belga sul passo del Susten era stato urtato mortalmente da un veicolo al seguito della corsa. Il nome non me lo ricordavo, ma l’’incidente’ sì e anche che si trattava di un belga. Ho diverse pubblicazioni sul TdS ma la sua identità l’ho dovuta ‘scoprire’ su internet. Si chiamava Depoorter. Le cadute che sono passate alla storia del nostro Giro sono decisamente molte. Ne sono stati coinvolti anche tanti ‘big’, mi ricordo – sempre in quegli anni – di Ferdy Kübler che cadde rovinosamente sul Lucomagno mentre stava rincorrendo Hugo Koblet. Ma ce ne sono state molte altre, anche in tempi meno lontani.
Il Tour de Suisse, di cui il Ticino (‘Terra di ciclismo’ – reca uno slogan) è rimasto ‘orfano’ quest’anno, era molto amato e seguito alle nostre latitudini. Più di oggi, succede però un po’ per tutto (anche e soprattutto per il calcio qui da noi) e dappertutto. Era un’altra epoca, ah che bei tempi! Avevamo in casa nostra grandi campioni – Kübler, Koblet, Schär, poi i Graf… ma ci correvano anche i Coppi, Bartali, Adorni… gli Ockers, i Junkermann, Bahamontes, i Louison Bobet, Jean Robic… Anche i nostri giornali dedicavano grande spazio alla massima corsa a tappe, ne riportavano tutti i ‘dettagli’ di tappa (un po’ come per le ‘cronache’ di calcio di allora, tipo al 5’ calcio d’angolo, al 7’ altro corner, al quarto d’ora i padroni di casa beneficiano del terzo calcio d’angolo, non sto scherzando…). Ci si appassionava veramente, la televisione non c’era ancora ma eravamo informatissimi grazie ai molteplici ‘telegrammi dal Giro’ di Radio Monteceneri i cui i primi cronisti sportivi sono stati Alberto Barberis (spentosi proprio al seguito del TdS del ’65 a Bellinzona), Vico Rigassi, Giuseppe Albertini (il dottor Albertini!), Marco Blaser (avevamo appreso che parlava sette lingue!). Che cronache, che ‘radiocronisti’, ah che bei tempi!
PASQUALE FORNARA
In quegli anni sulle nostre
strade correvano molti italiani. Al Giro del 1954 fecero registrare un trionfo
memorabile, una specie di ‘valanga azzurra’ si innescò sulle nostre montagne…
Pasquale Fornara primo davanti a Coletto, Astrua, Monti, Coppi, quattro
vittorie di tappa (Zampini, Monti, Coppi, Volpi). Pasquale Fornara era
diventato il beniamino dei ticinesi sin dalla prima sua vittoria al Velodromo
di Oerlikon nel 1952. Ne avrebbe poi conquistate altre tre, sempre negli anni
Cinquanta (54, 57, 58). Piaceva, Pasqualino Settebellezze (il film della
Wertmüller ovviamente non c’entra…) perché correva da dilettante anche da
professionista: “Fornara è uno scoiattolo di classe” (Barberis), “A Locarno i
tifosi hanno reclamato invano a Lino il giro d’onore, è successo che l’hanno
preso d’assalto i suoi concittadini di Borgomanero, è venuto anche il sindaco
ad osannare il campione. Lo hanno baciato, ribaciato, lo hanno fatto posare per
la fotografia di gruppo. Come ai bei tempi antichi! (Vico Rigassi).
EMILIO CROCI TORTI
“Croci Torti sfreccia
vittorioso a Zurigo”, titolo a piena pagina de “il Giro” del 21 giugno. Ci
sarebbero tante bellissime cose da raccontare sul corridore-artista di Stabio.
Armando Libotte lo aveva definito “un valido domestico di Hugo e Ferdy”. In una
nostra intervista “Milo” aveva raccontato: “Credo che una cosa meriti di essere
sottolineata. Noi siamo entrati nel ciclismo quando c’era ancora la guerra.
Correvamo in mezzo a paesaggi desolatamente segnati dai bombardamenti. Una cosa
tremenda. Non avevamo niente, penso che non ci sia stato un momento così brutto
e triste”. Dall’album dei ricordi di Edoardo Hoffmann: “Il dopo sport ci ha
riproposto Emilio nelle vesti di affermato artista della tela. Chiusi in attivo
i conti con la gestione della sua oculata carriera ciclistica, Croci Torti ha
saggiamente e sagacemente investito il suo grosso capitale di esperienza e
salute, tagliando il traguardo dei 60 in condizioni di freschezza analoghe a
quelle degli anni in cui era in sella. Sono passati 35 anni, ci credereste?”. Milo
a un ‘Natale del ciclista’ (che si è perso negli anni, peccato), da presidente
dell’Associazione ex ciclisti: “Do il benvenuto a due cari amici con i quali ho
condiviso fatiche e gioie, due sportivi che si sono forse appartati un tantino
dal mondo vivace del ciclismo agonistico ma che non hanno sicuramente
dimenticato il loro primo grande amore. Sono orgoglioso che siano qui con noi Pasqualino
(Fornara) e Carletto (Clerici)”. C’ero anch’io, ah che bei tempi!
EDIZIONE SPECIALE
“Il Giro”, era un’edizione
speciale del foglio rosa di Lugano-Besso. Veniva distribuito in tempo record
poche ore dopo l’arrivo di tappa. Alla partenza della XVI edizione un titolo ‘grandioso’:
“Motivi di passione per il duello K-K nelle 8 tappe, il francese Robic, il
belga Close e gli italiani Pasotti e Rossello tra i più attesi alla prova”.
Tappa per tappa, l’attenzione
degli sportivi veniva richiamata da questi titoli sul giornale fondato da Geo
Molo.
“Il belga Keteler è la
prima maglia d’oro a Basilea”
“Fritz Schär vince di forza a Le Locle,
precedendo di poco Kübler e Koblet”
“Diggelmann fugge per 130
km ed è primo ad Adelboden”
“Jan Goldschmit vince a
Monthey e conquista la maglia d’oro”
“Fornara vince la
drammatica gara contro il tempo Monthey-Crans e indossa la maglia d’oro, tappa
caratterizzata dalla crisi di Koblet”
“Ferdy Kübler trionfa a
Locarno”
“A Fornara il Giro,
meraviglioso finale di Croci Torti a Zurigo, Kübler ‘Re della montagna’,
Clerici terzo nella generale alle spalle di Ferdy nazionale”.
TRACCIATO PERICOLOSO
Alberto Barberis commentando
l’ultima tappa aveva fatto un’annotazione interessante quanto importante se
pensiamo a quanto accaduto al povero Maeder:
“Il Grigioni ha voluto essere ‘generoso’ con i girini. La partenza è stata spostata a Lanwies, dieci chilometri sotto Arosa, per evitare la pericolosa discesa. La neutralizzazione si è rivelata fondamentale, infatti il pessimo fondo stradale ha fatto sì che diversi corridori siano stati appiedati: ne abbiamo contati almeno una decina, fermi ad attendere pazientemente la ruota (!). La Giuria ha decretato il permesso del cambio ruota solo fino a Coira (!), Croci Torti ha avuto la sfortuna di forare fuori da questa località. Ha dovuto cambiare il tubolare ed è stato costretto a inseguire il gruppo per molti km. Anche la macchina della Cilo è andata in panne, Fornara ha avuto al suo seguito un motociclista…”.
COME FANTASMI IMPOLVERATI
Aldo Sartori, direttore del
giornale ‘rosa’, aveva messo un po’ di colore nel suo editoriale:
“I corridori arrivavano a
Bellinzona dopo avere percorso strade che davano il capogiro ma che tornavano
comode agli organizzatori sia per il ghiaietto (leggi forature a gogo), sia per
il polverone. Erano tappe lunghissime, i componenti la carovana giungevano ai
traguardi impolverati come fantasmi, con abiti e mezzi meccanici da suscitare
brividi, come se arrivassero da chissà dove…”. Ah, che bei tempi! Belli
veramente?
L’UOMO DEL GIORNO
Ogni tappa aveva il suo “Uomo
del giorno”. Il ‘sorprendente’ – come era stato definito - Carlo Clerici ne è
stato uno. Curioso (ed elegante) questo ‘ritratto’ che gli era stato ‘dipinto’
(e dedicato) da ‘Vib’:
“Sulle nostre gazzette il tuo
nome veniva citato con lo stesso compiacimento di quello di Kübler, Koblet o
Schär, che importa il passaporto italiano che hai in tasca, se sei nato tra noi
e parli lo ‘schwytzerdütsch’ da non distinguerti, a Zurigo, in mezzo a degli
zurighesi purosangue. Insomma, sei dei nostri, Carlo, hai imparato a correre
sulle strade svizzere, temibilissimo avversario per i Pianezzi, i Lüdin, gli
Hutmacher, i Reiser. T’ha sorretto scarsa fortuna a questo Giro, sei sempre
stato tra i primi, lo dice la tua magnifica posizione in classifica ma la
vittoria – la vittoria che ti sorrideva così spesso quand’eri dilettante – ti è
sempre sfuggita. Devi avere sognato di vincere a Locarno, ne siamo certi, ma
consolati. Sul Sempione sei stato imperioso, su quella strada che sale ad Arosa
è nato un nuovo campione: ‘Carlo Clerici, l’italiano di Zurigo’. Noialtri,
Carletto, ti consideriamo sempre uno dei nostri”.
Clerici, che abbiamo
conosciuto nei nostri trascorsi nella città della Limmat, due anni dopo (1954)
vincerà il Giro d’Italia con passaporto svizzero.
Ah, che bei tempi! Sì quelli
erano veramente gran bei tempi…
Anche nei titoli di coda di
questo “Amarcord” il pensiero è rivolto a Gino Mäder, alle immagini del gruppo
che sfila con le dita al cielo, al commosso omaggio del campione del mondo
Evenepool nella sua vittoriosa tappa di sabato.