"È dura ma vado avanti"

Carlo Burà è un
presidente inquieto. Non solo per la classifica, che per il momento vede il suo
Taverne a un 12.posto che non è ancora sinonimo di tranquillità, ma per un
quadro generale fonte di pensieri e stress.
La Prima Classic è un campionato competitivo, difficile e per giocarsela
bisogna essere attrezzati. Come lo è solitamente questo Taverne, che quest’anno
però sembra avere qualche difficoltà in più rispetto al passato.
“Purtroppo non raccogliamo ciò che seminiamo. Avremmo dovuto avere tra i 4 e i
6 punti in più, ma il campo non sempre ci ha premiato. Nonostante questo resto
ottimista e credo che alla fine otterremo la salvezza”.
I problemi sembrano essere due:
“Il primo è la mancanza di un bomber che faccia gol, uno che ti tolga le
castagne dal fuoco nei momenti delicati. In giro purtroppo, alle cifre che
possiamo permetterci noi, è impossibile trovarne. Hanno tutti delle pretese
fuori di testa”.
E il secondo…
“Beh, sono gli arbitri, che finora non ci hanno certo dato una mano, anzi.
Sappiamo tutti che per questa cosa non si può fare nulla. C’è un’antipatia
assodata nei confronti delle squadre ticinesi”.
Quest’anno c’è stato anche il cambio di allenatore: dallo “storico” Meroni,
passato al Chiasso, al giovane Lanza, che arriva dal Team Ticino:
“È stato un cambio che abbiamo assorbito abbastanza bene, anche perché Lanza è
uno che lavora molto e che con i giovani ci sa fare. Certo, Meroni, con la sua
età e la sua esperienza, conosceva perfettamente la squadra e la categoria.
Lanza, che ha una ventina di anni in meno, sta facendo il suo percorso, ma noi
siamo contenti di lui”.
Essere presidente del Taverne è però un compito che alla lunga può stancare,
soprattutto chi lo fa da quasi trent’anni. Dopo una prima lunga esperienza tra
gli anni 70 e 90, Burà è tornato in sella una seconda volta.
“È dura, non lo nego. E quando i risultati non arrivano ci si scoraggia un po’
e ti passa la voglia. Oltretutto una squadra così costa abbastanza, tra i 200 e
i 300 mila franchi. E a dire la verità, i soldi ce li devo mettere quasi sempre
io. Ormai non c’è più nessuno che abbia voglia di spendere per il nostro
calcio”.
Senza Burà, ovviamente il Taverne non sarebbe lì:
“Credo che la nostra realtà è quella di una squadra di Seconda regionale, ma a
me piace quello che abbiamo costruito e finché ce la farò andrò avanti.”
Intanto c’è un campo che si sta rinnovando:
“È proprio così. Il nostro campo sintetico ormai è vecchio, ha già una decina
di anni e tra pochi giorni sarà terminata la posa del nuovo terreno. Nonostante
il ricorso intentato in Consiglio Comunale da due gentili signore, alla fine ce
l’abbiamo fatta lo stesso. Eravamo obbligati a fare questo passo in quanto la
federazione non ci avrebbe più concesso di giocare su quel campo nel 2024”.
Insomma, il Taverne e il suo presidente stringono i denti e vanno avanti.
Salvarsi e ripartire, ogni anno una missione. Difficile ma allo stesso tempo
stimolante. Almeno finché Burà ne avrà forza e voglia.