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Evenepoel Montmartre Morrison Parigi

Evenepoel è il numero uno in questa esibizione di coraggio: peccato mancasse Pogacar
Giorgio Genetelli
03.08.2024 19:33

Un milione, due milioni sulla strada e mille milioni collegati dal mondo. E poi semafori. Pêre Lachaise. Can Can. Molin Rouge. E davanti al Louvre, come per una puntura della piramide di vetro, la foratura, l’agitazione, il cambio di bici, la spinta e via per gli ultimi due chilometri oltre la Senna e lungo la Rive Gauche spinto dal vento rivoluzionario che soffia sempre su Parigi, mai così bella, così giovane. E sotto la Tour Eiffel, il traguardo, varcato scendendo alla bersagliera e poi a braccia aperte, un metro oltre la linea della gloria, gli avversari a distanza irrimediabile.
Remco Evenepoel nell’Olimpo, nel giorno più bello e popolare dei Giochi, una città intera riversata sulle strade strappate ai motori e tutte pavesate per il ciclismo, lo sport proletario per definizione. Nemmeno c’erano le radioline, ah che sollievo, i ragazzi lasciati all’intuito generoso e visionario. Evenepoel è il numero uno in questa esibizione di coraggio e quanto sarebbe stato bello se ci fosse stato l’altro Robespierre della bici, Tadej Pogacar. Ma chi non c’è non conta.
Remco è sfilato come un Jim Morrison, una trama alla Fred Vargas, un Adamsberg cocciuto e sensibile che se ne sbatte dei semafori, che ignari hanno continuato a fare il loro ottuso lavoro, rosso verde verde rosso e il belga a non rispettarli mai nella sua pedalata nell’Iperuranio. Nella folla composta e tonitruante che sulla salita di Montmartre ha riscattato le idee della Comune di Parigi mediante Remco Evenepoel, l’Eroe.
Scusate, l’emozione è davvero troppa. È delirio. Indimenticabile.

(Foto Keystone)