Calcio

Ezequiel Schelotto, io proprio io

Il giocatore del Paradiso parla di calcio e non solo
Angelo Lungo
14.09.2024 04:10

Ezechiele era uno dei profeti maggiori, scriveva che i deboli devono essere condotti quando attraversano “la valle delle tenebre”. Ezequiel El Galgo Schelotto è un calciatore, fiero, orgoglioso e anche lui vuole condurre il Paradiso verso un sogno. Lo incontriamo a Pian Scairolo mentre fervono i preparativi per la partita contro il San Gallo. È mattino, soffia un freddo vento autunnale e lui beve il Matè, un'infusione tipica della sua terra d'origine, è un rito giornaliero, che rilassa e pacifica.

Cosa rappresenta per lei l'Argentina?

“È il mio Paese. Mi ha dato la vita. Mi ricorda la mia famiglia, lì ho ancora tanti amici. Mi riporta sentimenti come l'amore, emozioni come la passione. E anche i sacrifici e le sofferenze che ho affrontato. E poi c'è il calcio. La Nazionale unisce tutti, annulla ogni rivalità e fa sentire tutti uniti. Il colore dell'Albiceleste illumina, è una maglia che unisce. Ero presente ai festeggiamenti dopo la vittoria del Mondiale, sento ancora i brividi”.

E l'Italia?

“La sento come casa mia, ma anche per i miei cari è lo stesso. Sono arrivato quando ero sconosciuto e giovanissimo. È il posto dove sono cresciuto professionalmente, dove sono diventato uomo e sono stato sempre aiutato. Mi hanno aperto le porte. Ho stabilito la casa della mia famiglia, è il luogo dove mi fermerò a vivere”.

La famiglia è...

“La mia vita. Per lei do tutto quello che ho. Il calcio lo metto in secondo piano. Senza di lei non potrei andare avanti. La famiglia è amore, migliora le persone. Sono cresciuto in una famiglia numerosa e poi ho costruito la mia. Mi alzo e penso a loro, gioco e penso a loro. E ricevo una motivazione incredibile”.

Lei ha 35 anni e ha ancora voglia di allenarsi e scendere in campo.

“Mio padre si alzava alle 5 del mattino e tornava alle 8 di sera. Lavorava finché ha potuto. È un esempio, che non dimentico mai. Faccio una professione che ha coinciso con la mia passione. Non trasportiamo mattoni o oppure scarichiamo merci al porto. Le due ore giornaliere del calcio non mi pesano, anzi. Giocherò fino a quando potrò e sono consapevole che tra poco dovrò smettere”.

Qual è il ricordo più bello della sua carriera?

“È il calcio stesso. La possibilità di potere scendere ed esprimermi dentro al campo. Ho conosciuto tanti campioni e allenatori. Ho indossato la maglia della Nazionale italiana. E sono gratificato, alla mia età ancora posso godere di questi momenti. Mi ritengo fortunato. Mio padre e mia madre mi hanno dato un grande insegnamento: essere umile, avere i piedi per terra ed essere un esempio dentro e fuori dal campo”.

L'arrivo a Paradiso.

“Conoscevo il direttore Grigoletto da dieci anni. Per me è stato un colpo di fortuna. Gioco a calcio vicino a casa mia. Tutte le cose si sono allineate per bene. È una realtà diversa rispetto a quello che avevo conosciuto. Ho trovato un grande Presidente e un allenatore come Sannino sempre carico. Sento molta fiducia. Il club è cresciuto tantissimo e in poco tempo. Siamo anche noi una realtà del Canton Ticino”.

La partita contro il San Gallo.

“Affronteremo una squadra di Super League. Sappiamo quanto sono forti, arriveranno moltissimi tifosi. Ma siamo undici contro undici. Dobbiamo essere coraggiosi e dare il nostro massimo. Abbiamo rispetto, ma ci deve spronare la voglia di vincere e l'ambizione di passare il turno”.

Ha un sogno?

“Giocare ancora e spero, quando smetterò, che quelli che mi hanno incontrato ricordino uno Schelotto umile. Non sopporto né la presunzione né l'arroganza”.

Il calciatore più forte di tutti i tempi.

“Messi, perché l'ho visto giocare”.

Il gol nel derby.

“Entro e dopo trenta secondi segno. C'era tutta la mia famiglia in tribuna. Finita la partita scendo nello spogliatoio; arrivò il Presidente Moratti, mi prese e aggiunse: vieni con me; sotto il suo braccio siamo andati in mezzo al campo; mi disse: girati ancora una volta intorno, per questi tifosi rimarrai nella storia dell'Inter. E davvero è successo così, ancora oggi vengo riconosciuto e fermato per strada”.