Calcio

Fernandez: "Amoura infiammerà Cornaredo"

Due settimane fa l'ex bianconero, ora manager, lo aveva predetto
L.S.
02.10.2021 20:57

RIPROPONIAMO L'ARTICOLO USCITO DUE SETTIMANE OR SONO SUL DOMENICALE "LA DOMENICA": UN'INTERVISTA CON L'EX GIOCATORE DEL LUGANO WALTER FERNANDEZ

È nato a Losanna 56 anni fa e a Lugano ha lasciato un pezzo del suo cuore.

In Ticino è venuto addirittura due volte: la prima nel 1993, la seconda quattro anni più tardi.

Walter Fernandez è uno di quei giocatori che nonostante il passare degli anni, è stato impossibile dimenticare. Anche se nelle gigantografie che campeggiano da qualche anno a Cornaredo, la sua foto (come quella di altri giocatori) non si trova. E lui, l’altro giorno, ce lo faceva scherzosamente notare.

Con quella lunga chioma che sulla fascia sinistra andava avanti e indietro, Walter era un misto di potenza e piede mancino raffinato. Era già un terzino moderno, di quelli a cui piaceva più attaccare che difendere.

“Forse perché sono nato ala sinistra e nel Losanna cominciai proprio in quel ruolo: poi un giorno Umberto Barberis mi spostò qualche metro più indietro, per fare il terzino. Ero piuttosto perplesso e stavo addirittura pensando di lasciare il club. Ero giovane e volevo giocare e quando arrivò Chapuisat, che giocava proprio nel mio stesso ruolo ed era molto più forte di me, capìi che avrei fatto molta panchina. Perciò alla fine accettai di buon grado il nuovo ruolo. Quel cambio di posizione alla fine fu una fortuna per la mia carriera”.

Una carriera che l’ha portato a vestire anche in cinque occasioni la maglia della nazionale rossocrociata (“peccato che l’unico gol che realizzai in Grecia non fu possibile vederlo in diretta TV per una panne elettrica”, ricorda dopo quasi trent’anni) e che fu drasticamente chiusa nel 2001 da Roberto Morinini, all’epoca suo tecnico nel Lugano del presidente Jermini.

“Era gennaio, avevo sempre giocato nel girone di andata con Trossero, ma quando arrivò Morinini cambiò tutto. Rimasi in panchina nelle prime amichevoli ma non mi preoccupai troppo: pensai che forse il mister voleva osservare chi aveva giocato meno fino a quel momento. Poi però un giorno andai nel suo ufficio per cercare di capire cosa stesse realmente succedendo”.

Morinini cosa rispose?

“Mi disse, con il suo modo di fare molto diretto: “Walter, credo che la sua carriera sia più dietro che davanti. Con me avrà veramente poco spazio””.

Sempre dandole del Lei ovviamente.

”Sì certo. Faceva sempre così con tutti, anche con i giocatori più giovani”.

Lei cosa fece?

“Era venerdì, andai a casa e iniziai a riflettere su quelle parole. Decisi allora di smettere e il giorno dopo andai a casa del presidente Jermini: in due minuti trovammo un accordo e rescissi il mio contratto. lunedì ero già diventato un agente di giocatore”.

Era qualcosa che aveva in testa da tempo?

“In effetti sì. Ci stavo pensando da qualche anno, soprattutto quando ero a contatto con i compagni di squadra più giovani. Molti venivano a chierdermi consigli e quel ruolo mi piaceva moltissimo. Quando finìi di giocare a Lugano mi ritrovai con l’80% della squadra che mi chiamava tutti i giorni. In poco tempo ebbi 40 giocatori sotto contratto, tra cui Padalino, Rothenbühler, Moresi e tanti altri: col tempo mi accorsi che erano troppi per poter lavorare con una certa qualità”.

A Lugano arrivò nel 1993, proveniente dallo Xamax.

“Dopo due anni a Neuchâtel rimasi senza contratto e a dire la verità non c’era la fila di squadre che mi volevano. Presi al volo la proposta del Lugano, anche perché con la mamma italiana e il papà spagnolo, non avevo problemi con la lingua. Mi integrai subito benissimo. Avevamo una squadra fortissima che era reduce dalla vittoria in Coppa Svizzera. Inizia con Karl Engel, un grande motivatore, uno che spaccava i muri dello spogliatoio e poi arrivò Morinini: uno che parlava poco ma che era preparatissimo dal punto di vista tattico”.

Era una bella squadra, con un leader come Galvao.

“Senza dubbio uno dei 2-3 giocatori più forti con cui abbia mai giocato. Anche lui parlava poco ma in campo era uno che faceva la differenza. Lo guardavo e mi chiedevo: cosa ci fa uno come lui nel nostro campionato?  Ovviamente non c’era solo lui: con Penzavalli, Esposito, Englund, Subiat e tanti altri eravamo veramente un bel gruppo”.

Poi però nel 1995 il passaggio al Servette.

“Era il mio sogno, la mia squadra del cuore. Anche per chi abitava a Losanna, Servette era una squadra  mitica, che aveva avuto giocatori come Rummenigge. Oltretutto andavo a guadagnare molto di più: in quel momento era una delle società più ricche del paese. Purtroppo da sogno, quel trasferimento è diventato presto un incubo, una vera catastrofe. Canal Plus era proprietaria del club e la gestione fu disastrosa”.

Due anni dopo il ritorno a Lugano.

“Mi volle Engel, il Lugano era in B e aveva tanta voglia di risalire. Tornai volentieri anche perché la squadra era buona. E infatti centrammo subito la promozione”.

Anni bellissimi fino alla “rottura” con Morinini. Un anno più tardi però, nel 2002, il Lugano visse uno dei momenti più bui della sua storia. Con il suicidio del presidente Helios Jermini.

“In quegli anni giravano delle voci sulla situazione economica del presidente e del club e anche noi avevamo dei sospetti, visto che ogni tanto gli stipendi arrivano con molto ritardo. Solo qualche anno più tardi abbiamo capito il perché”.

In quegli anni i manager c’erano già.

“Io mi afffidavo a John Dario, a quell’epoca tra i più importanti procuratori, che ora invece fa l’immobiliarista. Fu lui a portarmi a Lugano. Gliene sarò sempre grato”.

Ultimamente i procuratori non godono di una bellissima immagine: come mai?

“Ormai è da 20 anni che sento che siamo il male del calcio. In questo lavoro girano tantissimi soldi e purtroppo c’è chi non ha rispetto per il denaro e per quello che fa. Esiste in ogni professione”.

Anche il suo lavoro è cambiato con gli anni, vero?

“Sono cambiati soprattutto i calciatori. Nessuno ha più pazienza, difficilmente si resta nella stessa squadra per tanto tempo. Ormai sono diventato quasi più un intermediario e lavoro con gli agenti dei giocatori. Ho ancora sotto contratto qualche giovane che accompagno nei suoi primi passi da calciatore e questa è la parte più bella del mio lavoro”.

In questi giorni ha fatto da intermediario per l’arrivo a Lugano dell’algerino Mohamed Amoura (nella foto). Che giocatore è?

“Si tratta di un giovane che deve crescere ancora, ma l’anno scorso nella serie A algerina è stata la vera rivelazione. È uno che segna tanto e fa pure assist. È un elemento che con la sua rapidità e tecnica può infiammare Cornaredo. Lasciamogli però un po’ di tempo per crescere e adattarsi”.

 (Amoura nella foto Putzu)