Friends
Il 22 settembre del 1994 il network televisivo americano “NBC” trasmette il primo episodio della serie “Friends”. Una realizzazione che è durata 10 stagioni. Il successo è planetario e duraturo. Tutto comincia così: Rachel Green lascia sull'altare il futuro marito e ritrova una vecchia conoscenza del liceo Monica (una cuoca). E si unisce al gruppo di amici che comprende: Joey un attore; Chandler un contabile; Phoebe una massaggiatrice; Ross un paleontologo, fratello di Monica, appena divorziato da una moglie che ha scoperto di essere lesbica. I sei si incontrano in una caffetteria di New York oppure nell'appartamento di Monica.
Siamo negli anni Novanta, quelli che confermano l'effimero del decennio precedente. Sono tempi di speranza, il futuro è una prospettiva promettente. Il presente viene vissuto intensamente, si procede per desideri. L'ora è fuggevole e ci si vuole immergere nella vita, si seguono pulsioni con l'auspicio che si affermi il sentimento.
La serie affronta problematiche, con uno stile ironico, solo all'apparenza strane. Le vicende diventano lo specchio del tempo: ora conservativo, ora iconoclasta; ora superficiale, ora profondo; ora raffinato, ora pedestre.
Si parte dall'amicizia, un legame che apre al confronto verace e che non prevede schemi o pregiudizi, che rassicura e offre la possibilità di essere se stessi.
E si arriva all'amore: quello tra Monica e Chandler, che matura ed esplode all'improvviso; quello tra Rachel e Ross, tormentato e appassionato.
Il telefilm è di culto. Mantiene una sua attualità. È originale perché curato. La comicità è un pretesto che non semplifica, ma che è capace di incitare alla riflessione.
L'amicizia è intesa come apertura e come incontro con l'altro. Non ci si salva da soli. L'umano ha bisogno di parlare e di essere ascoltato. Necessita di condividere le proprie esperienze, manifestare stati d'animo. Avere il sentore che c'è qualcuno a cui ci si può rivolgere, che è presente: un testimone che non giudica e non è un moralista.
Friends lo si può rivedere, perché non è nostalgico, ma perché continua a provocare in maniera lieve e intelligente.
Il vissuto non offre verità, ma sprazzi di significato. Ah, saperli coglierli.