Italia-spagna

I fischi a Donnarumma, una pessima contestazione

Il portiere continua a essere nel mirino dei tifosi per la sua scelta professionale
Angelo Lungo
08.10.2021 08:11

L'inglese Desmond Morris è un etologo inglese. Nel 1981, con l'obiettivo di indagare le abitudini del branco e delle analogie tra uomo e animale, pubblicò il libro “La tribù del calcio”. Considerato il successo e l'interesse nel 2016 c'è stata una ristampa che propone una versione aggiornata. Lo studioso sostiene che allo stadio anche nel 2000 i tifosi seguono una “liturgia”. Sono animati da un sentimento di fastidio e ostilità verso il sistema. Hanno la stessa passione e fedeltà di sempre, quella è per la vita, una natura tribale che non muta mai. Lo slogan: “Puoi cambiare moglie, ma non puoi cambiare la squadra che ami” vale ancora. Il pallone è divenuto e rimane “un'ossessione globale”.

L'antropologo francese René Girard era interessato alle cause del conflitto e della violenza e al ruolo dell'imitazione nei comportamenti umani. È l'autore della definizione del cosiddetto “capro espiatorio”. Sosteneva che i nostri desideri, non sono nostri, vogliamo quello che gli altri vogliono. Desideri che possono portare a competizione e a comportamenti violenti. Per stemperare queste pulsioni, si scaricano le responsabilità e colpe: si individua un soggetto che diventa un capro espiatorio.

Italia-Spagna, dall'inizio alla fine della partita, Donnarumma, a Milano, è stato subissato dai fischi. Il portiere è stato uno dei protagonisti assoluti della vittoria italiana ai recenti europei. Ma questo non è bastato. È colpevole, è un reprobo. Non c'è assoluzione, non c'è comprensione. Davanti all'hotel, dove soggiornava la Nazionale, era già stato affisso uno striscione da parte dei milanisti che definiva un ragazzo, perché tale è, un uomo di... I fatti sono noti: ha accettato una proposta economica migliore e ha deciso di lasciare il suo club. La colpa è acclarata: ha abbandonato la tribù. Facile etichettarlo come un venale, come se fosse l'unico, un irriconoscente. Donnarumma è un professionista vive del suo lavoro. È forte, ha una carriera limitata nel tempo, ha semplicemente operato una scelta razionale e realistica. Non è un tifoso, c'è un mercato che gli ha riconosciuto un valore. Certo anche il suo procuratore Raiola non gode di buona stampa, ha il torto di assistere in maniera ottimale i suoi giocatori ed è capace di ottenere lauti ingaggi. Poi si potrebbe discettare sui guadagni dei calciatori, sul loro costo, ma sono discussioni speciose. Bisogna rammentare che sono dei privati che li pagano e che nessuno obbliga quest'ultimi a corrispondere determinate importi. Contratti pubblici e depositati, su cui lo Stato fa pagare le imposte. La ferula del moralismo si abbatte sempre decisa sul mondo del calcio. Forse che in altri ambiti dove si presenta uno spettacolo non girano tanti soldi? Probabilmente si tende a non rammentare che il calcio è uno spettacolo. Solo per i tifosi è una fede.