Il Bellinzona non è ancora una squadra
La stagione dell’ACB è (fin qui) racchiusa in quei pochissimi secondi che avrebbero potuto rappresentare la svolta. Quella vera, finalmente, dopo tante illusioni. La palla capitata sui piedi di Thomás Chacón al minuto 86 contro il Losanna avrebbe dovuto finire in gol. Senza se e senza ma. Beninteso: lungi da noi mettere in croce il folletto uruguagio, il quale sul campo mette il cuore oltre ogni ostacolo, forse addirittura troppo ogni tanto. Ma cavoli, “il calcio è dubbio costante e decisione rapida”, affermava il grande Osvaldo Soriano. Parole che calzano a pennello per descrivere quell’occasione sprecata e – se ci pensate – anche quanto fatto dalla squadra granata in questi primi quattro mesi di campionato.
Perché il sodalizio della capitale ha vissuto in uno stato di incertezza e in un saliscendi di emozioni che sono sinonimo, da un lato, di mancanza di leadership e, dall’altro, di assenza di un collettivo vero e proprio. Il Bellinzona è formato da giocatori che in Challenge League possono fare (e hanno fatto) la differenza, quali Cortelezzi, Souza, Berardi, Mihajlović e Tosetti. Questo è merito della dirigenza, che ha aggiunto delle pedine importanti ad una rosa che necessitava di innesti di esperienza per fare il salto di qualità. Ma d’altronde mai nessuno ha criticato il mercato condotto dal patron Pablo Bentancur. Si ha tuttavia la sensazione che l’ACB non sia ancora una squadra, che non riesca a disimpegnarsi in campo come un’unica entità, ma che piuttosto sia maledettamente dipendente dalle giocate dei singoli.
Certo, direte voi, servono anche quelle. Altrimenti i “primi” Ronaldo e Messi non avrebbero fatto le fortune, rispettivamente, del Real Madrid e del Barcellona. Quello è un altro livello, quindi chiudiamo subito la parentesi. L’ACB ha bisogno di una guida dentro il rettangolo verde e nello spogliatoio. Qualcuno che sappia scuotere l’ambiente quando serve e assicurare la serenità nei momenti agitati (e ce ne sono purtroppo stati, come ben sapete). I giocatori che abbiamo citato in precedenza hanno le carte in regola per esserlo (o diventarlo). Se nelle ultime due partite – contro Thun e Sciaffusa – prima della pausa i granata riuscissero a conquistare almeno quattro punti, ebbene, andrebbero in “letargo” con un bottino di tutto rispetto e, soprattutto, non troppo distanti dai primi tre posti, considerando che nei prossimi due turni ci sono altrettante sfide al vertice (Stade Losanna-Yverdon e Wil-Stade Losanna), con le contendenti che i punti se li ruberanno a vicenda.
Al giro di boa il Bellinzona sarebbe dunque lì, fra le prime 4-5. E avrebbe il tempo di lavorare con tranquillità in primis sul mentale, fondamentale in un campionato – lo ripeteremo fino alla nausea – che si deciderà al fotofinish. Rinforzi? Solo se utili alla causa. Allo stato attuale servirebbero un uomo d’esperienza alla Sabbatini in mezzo al campo (difficile in ogni modo che i bianconeri possano privarsene, ma mai dire mai…) ed un bomber alla Sadiku, che finora nel Cartagena ha segnato 5 reti in 15 partite (ma giocando soli 771 minuti). Il fiuto del gol l’ha ancora, l’albanese. E magari anche la nostalgia del Ticino. Chissà.