Calcio

Il più grande calciatore non ha mai giocato

L'incredibile storia di Carlos Henrique Raposo
Angelo Lungo
25.04.2023 07:30

Lo scrittore Remo Bassetti ha stilato la classifica dei primi dieci bugiardi più grandi della storia, in cui le donne sono assenti. Capeggia la graduatoria l'inconscio: non è chiaro, non parla in maniera franca, svia l'attenzione dai problemi, coltiva illusioni. Segue Ulisse: è un uomo che svicola, nega continuamente, manipola la realtà con l'astuzia. Il decimo dei bugiardi è Pinocchio: è sfortunato, quando mente gli cresce il naso. La lingua italiana è ricca, oltre alla bugia c'è la menzogna, la finzione, il sotterfugio, l'imbroglio, l'ipocrisia, la fanfaronata, la millanteria e si potrebbe continuare. Questa è la storia di Carlos Henrique Raposo, nato nel 1963, un brasiliano, detto Kaiser in omaggio alla sua presunta somiglianza con Franz Beckenbauer, in realtà i tratti del suo viso ricordano Renato Portaluppi. Le sue gesta sono raccontate in un documentario, il titolo svela subitaneamente l'arcano: “Kaiser, Il più grande truffatore della storia del calcio”. È stato capace di essere un professionista per 13 anni, senza mai disputare una partita e senza avere nessuna dote. Ammette: “Ho dormito con oltre 1000 donne e ho sempre fatto finta di essere infortunato”. Il suo curriculum ha il crisma dell'ufficialità, ha militato nel Botafogo, nel Flamengo, nella Fluminense, nel Vasco da Gama, ha avuto dei contratti in Messico, Francia e Stati Uniti. Non è mai sceso in campo, il suo tabellino riporta zero presenze. Lo ha spinto una motivazione etica, ha spiegato: “I club hanno ingannato e ingannano molto i calciatori. Qualcuno doveva vendicarsi per tutti loro”. Nessuna giustificazione, ma la volontà di ristabilire la giustizia. Conosceva calciatori come Renato Gaucho, Ricardo Rocha, Romario, Edmundo. Tutti sapevano, ma erano suoi amici. La sua tattica era semplice: fingere infortuni e mancare agli allenamenti. Quando fu vicino a scendere sul tappeto verde, litigò con i tifosi e si fece espellere prima della partita. Il suo piano era inattaccabile: “Restare ferito per il resto della vita”. E divertirsi: “Tutte le sere ero nei locali notturni fino alle prime prime ore del mattino, dal lunedì al lunedì. Non sono mai stato in condizione di allenarmi o giocare”. Poi il resto era una conseguenza farsi vedere in compagnia dei migliori calciatori brasiliani.

Scriveva Gianni Rodari: “Nel paese della bugia la verità è una malattia”.