"Il VAR è come una Ferrari..."

A Fuorigioco ieri
sera arriva una telefonata. È una sorpresa, da molto lontano. Lontanissimo.
Dall’altra parte del telefono c’è nientemeno che Massimo Busacca, responsabile
degli arbitri per la Fifa, che chiede gentilmente di poter intervenire.
In studio, fino a quel momento, si era parlato quasi esclusivamente di arbitri
e arbitraggi. Sotto la lente la prestazione della quaterna femminile di Yverdon (diretta da Desirée Grundbacher, nella foto Keystone) e del VAR (Fähndrich) di quella partita.
Busacca fa una premessa: “Sono qui a Santo Domingo per una competizione femminile
Under 17, e ci terrei a dire un paio di cosine. Ovviamente non posso commentare
gli episodi”.
Detto, fatto, Busacca spiega con dovizia di particolari qual è il suo pensiero
sulle donne arbitro e soprattutto sul VAR.
Partendo prima dalle donne:
“Voglio premettere che sono molto brave in quello che fanno. La vera differenza
che esiste con gli uomini è la preparazione fisica, ma se una donna si prepara
bene, può tranquillamente arbitrare. D’altronde noi della Fifa abbiamo fatto
arbitrare una donna in una partita del Mondiale in Qatar: oltretutto si
trattava di una gara decisiva con la Germania in campo. Non fossimo stati
sicuri delle qualità dell’arbitro, non avremmo certamente preso rischi”.
Ma è il VAR che sta a cuore a Busacca, che anni fa, quando la tecnologia stava
entrando nel mondo del calcio, era piuttosto contrario. Poi, lavorandoci e
conoscendo meglio lo strumento, ha capito che poteva essere importante per l’evoluzione
del calcio.
A un patto però:
“Il VAR è come una Ferrari, bisogna saperla guidare. E perciò, visto che
abbiamo lo strumento a disposizione, è meglio utilizzarlo una volta in più che
una volta in meno. Il concetto della Fifa è chiaro: il VAR deve dare più spesso
all’arbitro una seconda opportunità di rivedere l’azione”.
Ma allora perché non lo fa? Busacca la pensa così:
“Il VAR a volte non sa se richiamare l’arbitro al video. Sono chiusi in una
stanza, lontanissimi dalla partita e senza poter provare le emozioni del campo.
Per loro non è sempre facile”.
E allora il suggerimento è questo:
“Avere più coraggio, dare all’arbitro la possibilità di rivedere una volta in
più le immagini. Questo non vuol dire che poi gli arbitri dovranno per forza
cambiare idea, come capita quasi sempre adesso. Il calcio è bello perché è
fatto di sensazioni e opinioni, e in due davanti a un video, magari si prende
la decisione migliore”.