Calcio

In alto la grande delusione

Perché Sabbatini ha calciato uno dei rigori decisivi
Angelo Lungo
03.06.2024 06:57

La vicenda Sabbatini ha avuto il suo epilogo melodrammatico. Il capitano si è presentato sul dischetto, poteva essere l'apoteosi, invece è arrivato il grande rammarico. Era la storia che si voleva leggere, raccontare e tramandare. Era il ristabilimento dell'equilibrio. Eccolo invece il tiro violento che ha oltrepassato la traversa ed è finito alto. Il rigore è una scommessa tra lo zero e l'infinito. Il pallone pesa, per il giocatore la porta si restringe, per il portiere si allarga. L'istante è un tempo che si dilata. Tutto appare sospeso, invece tutto corre veloce. Il rito è consolidato, eppure si appalesa sempre in maniera diversa. Sabbatini la sfera l'ha presa in mano in modo deciso; si è diretto sul dischetto perentorio e senza esitazioni; era sicuro di sé stesso; voleva chiudere i conti; intendeva portare in Ticino la Coppa nazionale. È tutto umano, è tutto comprensibile agli occhi degli spettatori e degli appassionati. Si voleva scrivere una pagina indelebile di un formidabile romanzo popolare. Protagonista il capitano che conduce i suoi alla vittoria e che, probabilmente, non continuerà la sua avventura in bianconero. Ma poi c'è il resto. La realtà che si appalesa e non concede attenuanti. E la domanda si deve porre. Era nella condizioni emotive di tirare? Campionissimi hanno opposto il gran rifiuto, non se la sono sentiti di calciare il rigore decisivo. Quello che ha mosso l'uruguaiano non ha bisogno di soverchie spiegazioni, rimane la sensazione che un'altra scelta tecnica poteva essere fatta. Posto che anche altri hanno sbagliato. È andata così. Questo ha voluto Pedus. Peccato.

(Foto Keystone/Crinari)