La nostalgia delle cose passate
Era il tempo del pallone di cuoio. Era il tempo delle casacche senza sponsor, senza nome stampato sul retro e i numeri andavano dall’1 all’11. Ogni nazione aveva la sua peculiare scuola calcistica, uno stile ben identificato. In Italia c’era il “libero”, in genere elegante e tecnico era l’ultimo baluardo della difesa, agiva dietro lo stopper. Le rose non erano allargate al massimo 15 giocatori e molti provenivano dal vivaio. Le formazioni allestite in giugno erano quelle che concludevano la stagione. Era il calcio ascoltato alla radio: dove l’ala destra attaccava verticalizzando l’area di rigore. La stampa sportiva era capace di esaltare gesta, cogliere sprazzi, creare emozioni, scriveva con sagacia e si poteva leggere di campioni leggendari. Era l’Italia del boom economico, quella che intendeva mettersi alle spalle, definitivamente, il dopoguerra. Si era ai principi degli anni Sessanta quando i fratelli Panini, Giuseppe e Benito originari di Modena, fondarono l’Agenzia Distribuzione Giornali Fratelli Panini. I due, che avevano maturato un’esperienza al chiosco di giornali della madre, ritrovarono un vecchio lotto di vecchie figurine delle edizioni milanesi Nannina e decisero di mettere in commercio queste stampe che raffiguravano i volti dei beniamini del calcio italiano. All’impresa si aggiunsero, poi, gli altri due fratelli: Umberto e Franco. Un giorno Giuseppe Panini (nato il 9 novembre 1925 e morto il 18 ottobre 1996) disse: “Voglio fare le figurine dei calciatori” e andò alla ricerca di una tipografia che potesse accontentarlo. L’idea era quella di ricavare da una foto una figurina a colori e riuscì a trasformare la geniale intuizione in realtà. Il prototipo nacque da una foto di Bruno Bolchi, detto “Maciste", all’epoca capitano dell’Inter. Il primo album Calciatori Panini fu editato per la stagione 1960-61. Sulla copertina campeggiava lo svedese Nils Liedholm, in maglia rossonera, che impattava il pallone di testa. La rivoluzione era servita e una grande storia di costume cominciava. Quante generazioni di appassionati hanno scartato bustine, hanno compilato album e hanno esultato quando riuscivano a completarlo. Felicità mista ad ansia: sperando di ritrovare i propri “eroi”. E il mazzetto dei doppioni, tenuto dall’elastico, era un immancabile compagno con il quale si andava alla ricerca, spasmodica, di scambi. Ora il football consuma tutto celermente, una sorta di turbinio indefesso. Nella canzone “I muscoli del capitano” De Gregori cantava che: “Il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo”. I calciatori sono immagine e l’immagine sono i giocatori. E storie come quelle di Pizzaballa difficilmente ci saranno ancora. “Ti manca Pizzaballa” era diventata un’espressione iconica, poiché era un figurina introvabile. Il portiere non è ricordato per le sue prestazioni o per il suo cognome ma perché la sua effigie era quella che mancava, implacabilmente, per finire la collezione. La nostalgia senza rimpianti è suadente, tocca corde che fanno suonare la musica della commozione, è creativa quando suscita un sorriso lieve e spontaneo. Scrive Bob Dylan: “Abbi cura dei tuoi ricordi perché non puoi viverli di nuovo”.
(foto Keystone)