Calcio

La Roma ringrazia chi ha sofferto in Norvegia

Il club della capitale ha deciso di regalare i biglietti della finale di Conference League a 166 tifosi
Silvano Pulga
06.05.2022 08:40

Siamo alla vigilia della finale di Coppa svizzera, e forse siamo tutti più sensibili a certi argomenti. Però è fuori di dubbio che la notizia apparsa oggi sui social, e cioè che la Roma regalerà il biglietto della finale della Conference League contro il Feyenoord, in programma a Tirana il 25 maggio, ai 166 tifosi presenti in Norvegia il 21 ottobre, in occasione della disfatta contro il Bodø/Glimt, ci ha piacevolmente sorpreso. Sarà, dirà qualcuno alzando il dito, un'iniziativa di marketing non originale; ma sono di quelle che non passano mai di moda, rispondiamo. Così come ci piace tanto l'analoga scelta del FC Lugano di portare a Berna i vincitori della finale del 1993: perché il calcio è fatto, soprattutto, di sentimenti. 

Tante volte, infatti, ci chiediamo perché (in buona compagnia, beninteso) seguiamo questo sport che, in fondo, è meno spettacolare di altri, che regala a volte incontri deludenti, che ci manda a casa con l'amaro in bocca in tante circostanze. Quante volte la nostra squadra del cuore ci ha deluso? Quante volte siamo tornati a casa o abbiamo spento la televisione insoddisfatti di ciò che avevamo visto? In quante occasioni abbiamo invece apprezzato la velocità e l'abilità tecnica di giocatori di altri sport come la pallavolo, il basket, il tennis, e l'abbiamo paragonata all'indolenza che, magari, avevamo visto qualche giorno prima allo stadio in qualcuno dei nostri beniamini? Innumerevoli volte. Eppure, ci troviamo sempre lì, e lì cerchiamo, sovente, d'indirizzare i nostri figli. 

Ecco, la risposta, forse, è proprio in questi gesti, e in quello che ci muovono dentro. Non è forse del tutto logico, e probabilmente il fascino che c'è dentro è anche quello. Però, è un dato di fatto che abbiamo girato negli stadi di tanti Paesi, incontrato tante persone in occasioni anche del tutto al di fuori di uno stadio, e, a un certo punto, quando abbiamo iniziato a parlare di calcio, si è accesa negli occhi dei nostri interlocutori la stessa luce. Nessuno dei due parlava la lingua madre magari; ma, a un certo punto, il discorso, casualmente, andava a finire lì. Il nome della città di provenienza, un piccolo gadget della squadra del cuore che appariva all'improvviso, e le espressioni del viso cambiavano, ci si riconosceva. Così ovunque, anche oggi. Seguiamo altri sport, sui quali siamo in grado d'intavolare discussioni anche di carattere tecnico. Però, con due ragazzi olandesi, nel deserto di Uyuni, in Bolivia, a un certo punto ci siamo messi a parlare di Milan e PSV Eindhoven, per poi spaziare in un mondo infinito, del quale però conoscevamo le coordinate. Ricordiamo un viaggio in Norvegia, nel 1994, durante i Mondiali: nel primo centro abitato oltre il Circolo polare Artico, a un certo punto abbiamo trovato una freccina sormontata dal disegno di un pallone, che indicava un locale pubblico dove poter seguire le partite. E potremmo andare avanti per ore. 

Alla fine, il calcio è (anche) un sentimento. La luce che aveva negli occhi Mattia Croci Torti, intervistato da Andrea Leoni su Teleticino (per chi se lo fosse perso, cercatelo sul sito: ne vale la pena) era la stessa che avevamo noi e quei ragazzi olandesi (tra l'altro in viaggio per il Perù, per assistere alle sfide di Coppa America), la stessa che abbiamo visto in altre persone in Germania, in quel capannone dietro lo stadio del Werder Brema, prima di una partita di Champions, quando ci siamo scambiati le sciarpe, in quei tifosi olandesi che si erano persi nelle vicinanze di casa nostra, dopo il quarto di finale mondiale con la Germania Ovest nel 1990, e ai quali chiamammo un taxi per poter tornare in albergo, ricevendo in regalo una sciarpa orange che conserviamo ancora, tra i nostri ricordi più belli. 

Una luce che ci guida tutti quanti, ovunque nel mondo. Ed ecco perché questo gesto, quello del Lugano, ci piacciono tanto: perché accendono quel lumino che altri cercano di spegnere avvelenando i pozzi con le polemiche, con il razzismo, con la violenza. Il calcio è magico, fatevene una ragione. Ci affratella, ci consente di riconoscerci tra di noi. E allora penso alle parole di nostro padre: "Diffida di chi non è appassionato di calcio". Sarà un caso, ma le delusioni più grandi, nella vita, le abbiamo ricevute proprio da chi, quando ha scoperto la nostra passione, ha risposto "No, non è roba per me, le partite di calcio non mi appassionano". Una coincidenza, ovviamente.