La selva del Sudamerica
C’è l’invidia di noi europei stanziali per i sudamericani, quelli del calcio: sanno giocare ancora emanando un sentore di selva, noi di deodorante (per inciso personale, pure gli scrittori hanno quel qualcosa di limpido, rozzo e irraggiungibile, penso a Soriano, Coloane, Cortazar, Bolano). Il trainante football del nostro continente è avviluppato di tattiche e conteggi, nonché di competizioni futili come la Nations League, con il virus dei calendari alluvionali che travolgono i giorni dell’anno. E naturalmente, visto che compriamo tutto, nella routine inarrestabile ci sono anche i sudamericani che giocano qui, sempre e sostanzialmente i migliori per i romantici che amano l’elogio della follia. Poi tornano giù con le loro maglie nazionali e ritornano allo stato originale. Intanto che noi ci annoiamo con la miriade di Nazionali, i sudamericani sono alle prese con le qualificazioni mondiali, nel loro immutabile girone unico dove si nuota o si annega. L’Argentina ha perso dal Paraguay, resta al primo posto ma è lì col naso in mezzo alla faccia per la sconfitta. Con due tiri in porta i Guaranì hanno fatto match: Sanabria con una rovesciata e Alderete di testa. Con soli 184 passaggi riusciti, ma ritmati da una banda che ha suonato per tutto l’incontro. Non tanto meglio i gauchos: il gol di Lautaro è stato l’unico tiro dei Campioni del Mondo nello specchio. Il coach del Paraguay, Gustavo Alfaro, non ha fatto una piega nemmeno quando l’Estadio Defensores del Chaco (mai nomi, i nomi… altro che sponsor) è traboccato come l’acqua dalla pentola. Si è limitato a toccarsi le tempie, cabeza ragazzi. Ma forse perché è argentino e comunque l’unico a non scomporsi nella baraonda. Partita bruttina, per i parametri da salotto. Meravigliosa per quelli della selva. Che invidia, in Europa non se ne vedono più, nemmeno in Quarta Lega.
(Foto Keystone)