Lo stress del microfono

Non è sempre facile avvicinare qualcuno a partita conclusa. Dipende un po’ dagli umori dello spogliatoio. Soprattutto dallo stato d’animo dei giocatori che hanno fretta di andare sotto la doccia o mettersi al ripario dalle intemperie. C’è anche chi, magari per questioni linguistiche o quant’altro, non ne vuole sapere di mettersi a disposizione qualche minuto. Con lo scopo di spiegare il motivo di una partita andata (o finita) male, se ne è causa un atteggiamento sbagliato, la sfortuna, l’avere incontrato un avversario forte (e più bravo). Insomma, un motivo o l’altro ci sarà.
Roberto Mancini sosteneva che nel calcio l’unico stress sono i giornalisti!!
“Nessun allenatore è assillante come lo sono loro. Il ‘pressing’ di
Sacchi, a loro confronto, è un sollievo. Io non sono un tipo molto loquace: un
vantaggio e uno svantaggio nello stesso tempo. Un vantaggio perché conoscendoti
ti tengono all’angolo per poco tempo: un paio di dichiarazioni e via… Uno
svantaggio, invece, quando decidi di parlare, quando devi per forza comunicare
per fare una smentita, una polemica, una replica… Finendo di ripetere ad ognuno
sempre le stesse cose: che stress!”.
L’intervista fa però parte delle regole del gioco. Il Mancio, eravamo ai tempi della Samp, in tono sicuramente meno scherzoso, aveva puntualizzato: “Non è giusto sottrarsi ai giornalisti, alla stampa noi dobbiamo molto. All’inizio è magari dura, ma alla fine ci si abitua. In fondo, meglio lo stress da microfono che lo stress di chi fatica molto più di noi nell’anonimato”.
Veniamo ai nostri giorni. A mettersi a disposizione dei giornalisti al Comunale sono sempre i soliti due o tre. Mai visto qualcuno dello staff. È per una questione di lingua? Il dopopartita si svolge sempre in un clima di fiducia e di serenità. E anche di speranza (per un futuro che tutti si augurano migliore).