Lugano, Grenoble e l'attesa di una nuova panchina

Non allena
dallo scorso mese di dicembre, quando la sua avventura a Grenoble (Ligue 2) si
chiuse prematuramente.
Maurizio Jacobacci, 59 anni, è in attesa di una nuova panchina o meglio, come
dice lui, di un nuovo progetto, dove si possa lavorare con serenità e a lungo termine.
Non sempre facile nello schizofrenico mondo del calcio, dove le cose cambiano
da un giorno all’altro.
Maurizio, come stai?
“Sto bene grazie. Sono a casa, guardo tantissime partite in TV, mi documento e
sono pronto nel caso di una chiamata interessante”.
Ci sono stati contatti con qualche squadra in questi mesi?
“Sì, qualcosa c’è stato, ma niente di concreto. Adesso aspetto, anche se sono
conscio del fatto che prendere una squadra a campionato iniziato non sia mai facilissimo.
Se entri in corsa, significa che quella squadra ha dei problemi e tu devi
risolverli”.
In Francia cos’è successo?
“Era chiaro che avremmo dovuto fare un anno di transizione. Dopo gli spareggi
per andare in Ligue 1, la società ha deciso di operare una piccola rivoluzione
e ha venduto i 4-5 elementi cardini. Avrebbe dovuto essere un anno di
transizione ma prima di Natale, dopo tre sconfitte consecutive, hanno deciso di
cambiare allenatore. Eravamo quindicesimi, la stessa posizione in cui hanno poi
chiuso la stagione”.
Cosa ti ha insegnato questa avventura?
“Ogni esperienza è importante, ti dà qualcosa, sia a livello sportivo che
umano. Ho capito una volta ancora che quando decidi di prendere una squadra
devi avere delle certezze, altrimenti diventa dura. Io sono andato là da solo,
senza un assistente, cercando di portare un nuovo modo di lavorare e non è
stato facile”.
È così diverso il calcio francese?
“Per quello che ho visto a Grenoble, ho dovuto lavorare tanto sotto l’aspetto
fisico. Se hai una squadra tecnicamente più debole deve compensare a livello
fisico, ma adesso i preparatori vogliono lavorare tutti con la palla e non è
sempre possibile. Ecco, lì ho riscontrato delle differenze di vedute”.
Qual è invece la tua idea?
“Io credo che ci si debba abituare al sacrificio sul campo, lavorando questo
aspetto si progredisce anche a livello mentale e si crea un gruppo. Chi ha
visto le immagini di Conte al Tottenham e la sofferenza dei suoi giocatori
durante la preparazione, sa di cosa parlo…”.
Ci ricordi com’era finita la tua esperienza a Lugano?
“Non è successo nulla di clamoroso, era semplicemente terminato il contratto e
Renzetti, che voleva vendere il club, non poteva prolungarmelo. Con la nuova
società, intendo i brasiliani, ho parlato una volta venti minuti ma mi è
sembrato soprattutto un colloquio di cortesia. Loro avevano già in mente di
portare il loro allenatore, cosa che poi è successa con Braga”.
Con i brasiliani andò male: sei rimasto sorpreso del ritorno di Renzetti?
“Sono rimasto sorpreso soprattutto di ciò che venne fuori dopo: solitamente le
verifiche si fanno prima, non dopo. Angelo ha fatto molto bene a Lugano e per
fortuna è tornato in tempo. Probabilmente tutta questa storia con i brasiliani
si sarebbe potuta evitare”.
Ora c’è Mansueto alla testa del club:
“Sono contento che ci sia un gruppo così solido a gestire il Lugano, è una
società seria che farà sicuramente buone cose. L’anno scorso hanno dovuto fare
poco a livello sportivo, in quanto la squadra era quella di Renzetti con
qualche innesto. Quest’anno sarà un po’ diverso”.
Sorpreso della vittoria in Coppa?
“Un po’ sì, soprattutto per come hanno vinto la finale. Ero a Berna e non mi
aspettavo una vittoria così netta. Sono rimasto sorpreso soprattutto dal San
Gallo e da come ha gestito quella partita. Il Lugano l’ha dominata sotto ogni
punto di vista”.
Di Croci-Torti, che conosci molto bene, cosa pensi?
“Aveva fatto grandi esperienze come assistente e Lugano è la piazza giusta per
lui. Conosce tutti, è apprezzato dai giocatori ed è sempre stato aiutato molto bene
dal suo staff. Gli faccio i complimenti per una stagione fantastica: oltre alla
Coppa hanno ottenuto tantissimi punti in campionato. È stato intelligente a non
stravolgere il gruppo”.
Ora però la squadra è cambiata tanto:
“È vero, molti “leader” se ne sono andati e ci vuole tempo per ricostruire una
squadra. A volte però sappiamo che il tempo non c’è e bisogna ottenere subito i
risultati: il bel gioco purtroppo viene in secondo piano. Sostituire giocatori come
Maric, Lovric, Custodio e Lavanchy non è semplice, anche se è arrivata gente
che ha fatto molto bene come Celar”.
Bottani in Nazionale, sei sorpreso?
“Assolutamente no. Anzi, io l’avrei convocato prima. Quando Mattia è tranquillo
può fare qualcosa cosa a livello tecnico. Adesso è importante che rimanga
sereno anche se ci sono voci di mercato che lo riguardano. Deve lottare per un
posto in Qatar: se giocherà come sta facendo e senza infortuni, potrebbe anche
prendere parte al Mondiale”.
Intanto c’è un campionato da giocare: come ti sembra la Super League quest’anno?
“Mi sembra che lo Young Boys sia il grande favorito, mentre il Basilea è un’incognita.
Lo Zurigo è ancora una signora squadra, peccato che sia uscita in Champions”.
Anche la Challenge League sembra piuttosto interessante:
“È un campionato molto difficile ed equilibrato, soprattutto a inizio stagione
tutti possono battere tutti: vedo Losanna e Aarau un gradino sopra gli altri,
ma ci sono tante squadre interessanti. Mi piacciono Xamax e Yverdon, ma anche
il Bellinzona può essere una bella sorpresa. È partito bene e anche se ha
ancora la rosa un po’ corta, adesso ha il morale alto e la consapevolezza di
poter essere protagonista. E poi c’è il Thun, che vuole fare un calcio attrattivo
e far giocare i giovani: una bella scommessa, anche se non è facile. Credo che
ci divertiremo”.
E il tuo futuro invece come lo vedi?
“Ho voglia di tornare in campo, rivivere le emozioni di una panchina, vincere
delle partite. È quella la vita di un allenatore. Svizzera o estero non fa
differenza, anche se restare qui sarebbe meglio: conosco bene il campionato e
tutti i giocatori. Sarebbe più facile integrarsi”.
(Foto Putzu)