Mourinho ha ragione ma è indietro

Mourinho ha ragione a dire che fanno schifo, solo che come sempre pensa di aver scoperto lui l’acqua calda. Di massima in massima, l’erba del vicino è sempre più verde anche se sintetica. Lo Special ha detto “di plastica”, descrivendo il campo di Thun, e finalmente uno che ancora chiama le cose col proprio nome. Talmente di plastica, che in uno slancio visionario alla Dalì si potrebbe dare a questi terreni da gioco del calcio altri colori. Scimmiottare l’erba è già brutto, ma colorarla di verde è conformismo. Allora, un bel fucsia? Un violetto? O il colore delle maglie di casa, a Thun un rosso-fuoco, da cambiare in nero-petrolio quando ci gioca il Lugano, e magari con una bella “Vu” a centrocampo che ne ricordi la sparizione sulle maglie del club sottocenerino? Non sarebbero operazioni di marketing da poco: maquillage à la carte e via andare. In Svizzera, la Svizzera verde che persino De Gregori ha cantato, abbiamo esperienza di campi in plastica. Anche lo stadio della Capitale è così (in questi anni gloriosi, lo Young Boys ha conteggiato almeno 978 infortuni ai suoi calciatori per via del fondo). Chi se ne frega se il pallone fa bum, si impianta, slitta, resta indietro, scappa avanti, e poi qualcuno si torce una caviglia o si strappa un legamento, per non dire dei metri quadri di pelle scorticata. Vuoi mettere con la bellezza dei 150 gradi di calore quando batte il sole e i miriametri d’acqua che disegnano arcobaleni mentre tentano di spegner l’incendio? Un Wankdorf a strisce gialle e nere non sarebbe lisergico per tutti? Impagabile, il ritorno dei figli dei fiori (di plastica). Quindi, caro Mou, anche se hai ragione, sei rimasto indietro.