Per i raccattapalle il tempo è scaduto

Era l'anno 1975. Si giocava una partita di Serie A. E l'Ascoli ospitava il Bologna. Gli ospiti conducevano la partita per 3 a 1. Al novantesimo Beppe Savoldi, il centravanti dei rossoblù, avrebbe potuto segnare la sua personale tripletta. La sua azione fu vincente, il pallone finì in rete, ma un giovane raccattapalle era assiepato dietro la rete, diede un calcio e rimise la sfera in campo, un difensore ascolano calciò immediatamente il pallone fuori, tutto avvenne in una frazione di secondi. L'arbitro non si accorse di niente e concesse il calcio d'angolo. Il sedicenne si rese conto di averla fatta grossa e si dileguò per alcuni giorni. Nella partita successiva l'arbitro lo posizionò dietro la panchina. Era l'anno 1987. L'Inter, allenata da Trapattoni, era di scena a Genova. Fu sconfitta nettamente dalla Sampdoria di Vialli e Mancini. Bergomi, difensore duro ma notoriamente corretto, fu espulso. Il libero dei nerazzurri era Daniel Passarella, l'argentino non ci stava a perdere, preso dall'ira, la gara si stava concludendo, sferrò un calcio a un raccattapalle, reo di tergiversare nella restituzione del pallone. Storie di un calcio antico. Cari nostalgici è ora di aggiornarvi. La rivoluzione è compiuta, il calcio italiano si evolve e cambia. La Serie A depotenzia definitivamente i raccattapalle. I giovanotti dovranno prendere i palloni, ma non potranno rilanciarli, li dovranno posizionare su dei contenitori a forma di cono, posti intorno al campo, e saranno direttamente i calciatori a recuperarli. Il designatore degli arbitri Rocchi è fiero e convinto: “Così eviteremo anche le perdite di tempo strategiche”. Parole solenni e decisive. Il movimento calcistico italico ha bisogno di queste riforme. È nelle difficoltà che una classe dirigente capace, mostra la sua autorevolezza e la sua competenza.
(Foto Keystone)