Sabalenka e la volontà di potenza

Gioia, apoteosi e lacrime: finisce così. Aryna Sabalenka sdraiata per terra. La bielorussa, numero due al mondo, ha conquistato gli US Open. La rivincita è realtà, la finale e la sconfitta della scorsa edizione è nel dimenticatoio, è risposta come un ricordo andato, è stato un mero incidente di percorso. Nessuna sorpresa da parte della rivale statunitense, l'anno scorso si era arresa clamorosamente a Coco Gauff. Non è mica detto che la storia debba ripetersi. La volontà e la forza di una persona il destino lo può domare. La tennista è al secondo Slam stagionale e può esultare. È una donna ma colpisce duro, le sue sventagliate viaggiano alla velocità di 129 chilometri all'ora. Il suo fisico imponente impressiona, è statuaria e possente, il suo tennis è un'ode alla potenza, e dalla sua racchetta sembra spuntare il fuoco. E se tutto funziona il successo è assicurato. Ma Aryna è pur sempre umana, si distrae, si perde, e si infila in quei cunei mentali che bloccano, e lei comincia a suonare uno spartito infarcito di errori. E precipita. La sua avversaria era di nuovo una statunitense: Jessica Pegula. La tennista ha 30 anni, è la numero 5 del ranking. È un'ereditiera ricchissima. Suo padre è Terry Pegula, è un multimiliardario che ha fatto fortuna con il petrolio, ha un patrimonio stimato di oltre 7 miliardi di dollari, è il proprietario della squadra di hockey e di football di Buffalo. Jessica deve difendersi continuamente dall'accusa di essere una privilegiata di livello, una che viaggia con il maggiordomo e che va in giro in limousine. In finale ha lottato strenuamente, non è stata travolta. Ha cercato di resistere, ha tentato di insinuare il dubbio nella bielorussa. Ma Aryna le ¨ha scaraventato addosso oltre 40 vincenti. L'Arthur Ashe era stracolmo, ha incitato la beniamina di casa, ma non è bastato.
(Foto Keystone)