Calcio

"Sarei curioso di vedere una partita tra Fire e Lugano..."

A colloquio con Sebastian Pelzer, direttore tecnico dei Chicago Fire di Joe Mansueto
Luca Sciarini
Luca Sciarini
07.10.2021 16:23

L’appuntamento telefonico è per le cinque, dieci del mattino a Chicago.

Sebastian Pelzer, 41 anni, Direttore Tecnico dei Chicago Fire, ci regala una mezz’ora del suo prezioso tempo.

Per parlare ovviamente di Lugano ma non solo. Perché vivere a Chicago, dall’altra parte del mondo, è anche motivo di condivisione.

“Sono felicissimo di vivere qui, è una città bellissima e piena di verde. Qui è tutto meno imponente e decisamente più vivibile rispetto a New York. Certo, in estate ci sono momenti in cui la città si trasforma in una sauna, mentre in inverno si arriva anche a -25 gradi. Ma con il tempo ci si abitua”.

Pelzer, che è nato in Germania a Treviri, al confine col Lussemburgo, è stato un buon terzino sinistro, con trascorsi nell’Hansa Rostock e in Inghilterra, con il Blackburn Rovers allora allenato da Graeme Souness.

A Chicago è arrivato a settembre del 2019, assieme a Georg Heitz, ex direttore sportivo del Basilea e ora ai Fire.

“Con Georg lavoravamo assieme alla HWH (la società di consulenza in cui c’è anche Bernhard Heussler) ma a un certo punto siamo tornati a fare ciò che amiamo veramente, ossia occuparci di calcio e di mercato. Lui è il direttore sportivo dei Fire, mentre io sono il direttore tecnico. Mi occupo appunto di scouting e di tessere relazioni con altre squadre”.

Avere due squadre, Lugano e Chicago, può aiutare a fare mercato, vero?

“Senza dubbio, è uno dei motivi per cui si era pensato da tempo di rilevare una società in Europa. In estate il mercato europeo è aperto, mentre quello americano lo è in inverno. Da questo punto di vista può essere un bel vantaggio”.

Proprio a Lugano in queste ultime settimane sono arrivati giocatori interessanti: uno su tutti l’algerino Amoura.

“Amoura è l’esempio perfetto dell’importanza di avere una squadra in Europa. Noi lo volevamo portare a Chicago già nello scorso mese di marzo, ben prima che venisse alla luce la trattativa con il Lugano, ma purtroppo per motivi diversi non siamo riusciti a perfezionare l'ingaggio. Quando poi siamo arrivati a Lugano abbiamo ancora pensato a lui. Sono contento che in queste prime partite stia facendo molto bene”.

Vi è sempre stato chiaro che avreste comprato una squadra in Svizzera, vero?

“Sì, la Svizzera è stata la nostra unica scelta. Noi conosciamo benissimo il campionato svizzero e nel vostro paese c’è grande stabilità. Oltretutto stiamo parlando di una Lega di calcio e di un campionato molto solidi, che hanno una lunga tradizione”.

Negli Stati Uniti il calcio è veramente in crescita?

“Direi proprio di sì. Una volta era il classico “cimitero degli elefanti”, dove venivano a chiudere la carriera i giocatori che avevano segnato un’epoca. Ora non è più così, ci sono tanti giovani interessanti e il livello cresce di anno in anno. Lo si nota a livello di ritmo”.

Se dovessero giocare una partita Chicago Fire contro Lugano, chi vincerebbe?

“Difficile dare una risposta, o meglio, diciamo che preferisco non espormi. Sarebbe però una partita estremamente interessante, chissà che un giorno non potremo vederla. Anzi, magari un giorno le due squadre potrebbero anche andare in ritiro assieme. Chissà…”.

A Lugano con l’arrivo di Croci-Torti le cose stanno andando piuttosto bene.

“So che prima della scelta di Mattia sono stati fatti tanti nomi. Noi in effetti abbiamo avuti diversi contatti ma alla fine ci siamo resi conto che la soluzione migliore l’avevamo in casa. Quando abbiamo deciso per Mattia è perché eravamo tutti convinti al cento per cento. È bravo, sa quello che fa e merita la nostra completa fiducia”.

A Lugano c’è ancora tanto lavoro da fare, vero?

“Stiamo cercando di strutturare al meglio la società e con persone come Martin Blaser e Carlos Da Silva abbiamo trovato ciò che volevamo. Martin ha grande esperienza e saprà dare impulsi importanti per la crescita del club e Carlos conosce benissimo l’ambiente, ha giocato per cinque stagioni a Lugano e sono convinto che sarà una pedina preziosissima”.

Tra poco ci sarà la votazione per lo stadio.

“Per noi è una data molto importante. Sappiamo che la crescita del club passa anche attraverso una nuova infrastruttura. Con il tempo vogliamo riportare la gente allo stadio”.

Tornando a Chicago: i risultati per il momento non sono quelli sperati. Come mai?

“Stiamo cercando di capire dove si può migliorare. Non nascondo che in questi primi due anni le cose non sono andate come volevamo. Io sono una persona ambiziosa, amo vincere e vedere questi risultati non mi piace. Stiamo lavorando molto bene con i giovani e con la nostra accademia e Il fatto che la nostra squadra Under 19 abbia vinto il titolo e che abbiamo il portiere più giovane della storia del calcio americano ci rende orgogliosi".

È facile lavorare con Mansueto?

“Oltre che facile direi che è bello, sia con lui che con Georg. Abbiamo tutti la stessa filosofia e remiamo nella medesima direzione”.

Lei è stato a Lugano a settembre: quando la rivedremo?

“Forse prima della fine dell’anno”.

Con Mansueto?

“Chissà…”.

 (nella foto da sinistra Carlos Da Silva e Sebastian Pelzer)