Tamberi, ai post l'ardua sentenza

Premessa: Gimbo Tamberi, atleta italiano delle Fiamme Oro (il gruppo sportivo della Polizia di Stato della vicina Penisola) non è un personaggio facile. Se digitate su qualunque motore di ricerca le parole "Tamberi" e "polemica" vi usciranno una valanga di risultati, anche datati. Il nostro, per dire, è riuscito a discutere anche con un'etologa, per aver giocato, quest'inverno, con un cucciolo di leone, postando il filmato sui social. Diciamolo: il saltatore italiano avrebbe probabilmente bisogno di avere vicino un Social Media Manager di quelli capaci, e fin qua siamo tutti d'accordo. Ma che, oggi, qualcuno polemizzi sui malanni fisici che gli sono capitati, accusandolo di voler fare del protagonismo, quando questi problemi lo hanno invece penalizzato maniera decisiva nella fase culminante delle Olimpiadi, dimostra solo che queste persone hanno l'empatia di un tappo a corona. E lo stesso spessore morale, fermo restando che i tappi, in fondo, fanno ciò per il quale sono stati prodotti, senza giudicare il contenuto delle bottiglie che chiudono. A volte, infatti, tendiamo a dimenticare che certe competizioni sono caratterizzate dalla loro periodicità. Non fa bene perdere una finale di Coppa, per dire, o un torneo di un grande Slam, o una classica ciclistica in volata: ma, la stagione successiva, ci potrai riprovare. I Giochi, invece, arrivano dopo quattro anni. Sono il traguardo di sessioni di allenamento lunghe e sfibranti, fatte mentre i leoni da tastiera vomitano improperi dalla poltrona di casa. Forse bisognerebbe pensare cosa passa nella testa di un atleta colpito da una colica renale proprio questa settimana, e non la prossima, o tre mesi fa. Ecco, si chiama empatia. Poi Gimbo Tamberi è uno che coi social non ci sa fare, e va bene. Ma oggi, un essere umano dotato di sentimenti di solidarietà nella media, e che sia appassionato di sport, può solo abbracciarlo, seppure simbolicamente. Perché il ricordo di questi dolori e, soprattutto, delle circostanze, rimarranno nella testa dell'atleta azzurro sino alla fine dei suoi giorni. E per questo, merita rispetto.
(Foto Keystone)