Tra riti e sfide tribali

Sì, va bene, ricerca di nuove sfide, ma restando tribali però. Sono gli sportivi, che mentre parlano di un loro cambio di squadra giustificandosi con le loro pulsioni competitive, sotto il tavolo fanno gesti poiché sanno benissimo quale sia il vero motivo, e sanno che noi sappiamo: i danée. E ocio che non succede solo al massiccio Lukakone o al volatile Marc Hirschi, no, ci prova anche il nostro Gigi che dal Viganello Rocket passa al Rapid Cureglia. “Sono alla ricerca di nuove sfide!”, dicono in maniera originale. Solo che le sfide a cui alludono sono andare in squadre molto più forti, dove vincere è più facile e matura rigoglioso il grano.
Mai una volta che se ne senta uno dire che la nuova sfida sia passare dall’InterRealManChelsea al Peones Social Club. Quella sì che sarebbe una vera prova, andare dove non vincere niente è una costante, tanto per vedere se io come re dell’universo riesco a trasformare l’acqua in vino. Ma non è che non ci vanno perché giocare con i deboli è difficile, non ci vanno perché il piatto di fagioli è superato dal caviar, con grande destabilizzazione degli ecosistemi e delle menti illuse che si fanno massa.
In tutta questa frenesia da fine del mondo, poi qualcuno resta fregato come appunto Hirschi, che guadagna molto di più per cadere e fare il gregario, o Renzetti che esterna a destra e a manca per disfarsi del giocattolo anche gratis. Toh, che bella sfida.
E a causa di questo essere sempre alla caccia di qualcosa, gli sportivi si affidano ai riti: toccamenti, preghierine, saltelli su un piede solo, prima il calzino destro, corpi marchiati come corsari da palestra, invocazioni, festeggiamenti a mitraglia o a uh!.
Sia chiaro, ne usciremo tutti migliori, si diceva. Eh, qualcuno sì, o almeno lo pensa, ma in generale si cerca di tornare all’andazzo di prima con i milioni che girano solo per alcuni e agli altri restano solo i maroni girati e la vera sfida è non farseli strizzare.