Un Bellinzona più ticinese

Nel bailamme di un calcio ‘impresso’ totalmente d’Europa, che naturalmente coinvolge tutti, o gran parte di calciofili, è interessante far sentire una ‘voce’ ticinese su cose e fatti di casa nostra visto che siamo a meno di un mese dall’inizio della nuova stagione.
A Bellinzona negli anni (anche quelli dopo il fallimento) ci si è sempre dati da fare nel dare spazio a giovani forze locali. Il reclutamento di ragazzi provenienti da squadre della regione, addirittura dei dintorni (l’esempio di quella tutta fatta in casa promossa in LNA senza subire sconfitta alcuna, presidente Canavesi, allenatore Beljin – è ancora vivo nella memoria) è anche spesso stata una necessità. Da quando l’ACB è tornata a riabbracciare la Challenge League le cose sono cambiate di molto. Di giovani ticinesi, a parte Muci – immeritatamente relegato al ruolo di riserva (logicamente partente per altri lidi) e, in parte, Neelekandan (per il quale ‘strappare’ la maglia di titolare si è rivelata un’impresa ciclopica, quante volte è partito dal calcio d’inizio?) – nell’ultimo campionato non se ne è avuta traccia. Tanto da chiedersi se dietro la prima squadra esiste ancora un Settore giovanile (un bel biglietto da visita in passato, luccicante anche di un titolo nazionalecon Louis Maurer). Non tanto come ‘identità’ (nessuno ne dubita), quanto nella valorizzazione di elementi pronti, un giorno, non fra dieci anni, a vestire la maglia più ambita (quella della prima squadra). Parliamo di ragazzi di 18-20 anni, ai quali in tempi di austerità (non ne hanno l’aria quelli attuali) si attingeva “fidando sul vivaio locale e sui contributi delle società minori” (così disse un presidente). Per la verità anche in tempi meno ‘antichi’ (e di grande successo, facile ricordarsene) la politica giovanile veniva sempre messa equamente sul piatto della bilancia. Un presidente di quegli anni: “Più nomi di nostri ragazzi riusciamo a inserire, più ci fa piacere e ci dà soddisfazione”.
Ci sembra pertanto logico entrare subito nel vivo del discorso con la signora Pamela Colombo, presidente dell’Associazione Calcio Bellinzona Settore giovanile.
È un rapporto idilliaco
quello che avete con la prima squadra, o vi crea qualche apprensione?
"È sicuramente un rapporto di
rispetto, però si potrebbe lavorare un po’ di più sulla collaborazione. Questo
è un nostro obiettivo futuro, sono appena entrata nella mia funzione. Mi rendo
conto che anche da parte nostra dovremmo cercare di instaurare un rapporto più
collaborativo. Comunque alla base c’è gran rispetto con piena condivisione dei
valori granata”.
Un rapporto che tuttavia,
se abbiamo capito bene, dovrebbe essere suscettibile di miglioramenti. Sotto
quale aspetto?
“Forse si dovrebbe ‘lavorare’
un po’ di più sulla collaborazione. Noi, come Settore giovanile lavoriamo
sui giovani e giovanissimi, dalla Scuola calcio agli Allievi A. Quello che secondo me si potrebbe migliorare è avere ancora più vicinanza alla prima squadra, proprio per dare a questi ragazzi un obiettivo verso un futuro professionale sportivo”.
In casa ACB il Settore
giovanile è sempre stato il fulcro della società. Oggi cosa c’è dietro la prima
squadra?
Qualcosa c’è, parliamo di un
progetto che è in via di evoluzione. Abbiamo dei giovani che già sono stati
chiamati per degli allenamenti, per essere uniti alla prima squadra. A mio
avviso è un ‘progetto’ che deve continuare. Per un giovane è importante avere
un obiettivo”.
Negli Allievi A giocano
ragazzi di 19-20 anni che potrebbero già entrare in linea di conto per vestire
una maglia di Challenge League?
“Il Settore giovanile prepara
per il calcio d’élite (Footeco), in seguito i nostri giovani passano al Team
Ticino e da lì possono essere ‘ripescati’ per la prima squadra. Quelli che
rimangono a noi, entrano nel percorso calcistico del calcio regionale. Anche lì
con la possibilità di crescere”.
Nel calcio regionale
questi ragazzi hanno una chance di tornare, per così dire, alla ribalta?
“Assolutamente sì, noi li
prepariamo per giocare in Seconda e Terza Lega”.
Per i ragazzi dell’ACB la
prospettiva di fare carriera è dunque buona, a prescindere dal detto popolare
‘con i giovani non si va da nessuna parte’?
Direi che è favorevole, nel
senso che noi puntiamo tanto sulla loro formazione. Che non è soltanto
calcistica ma anche di vita. Alla fine lo sport porta tanti valori, con la
prima squadra si stanno intrecciando collaborazioni di cui siamo molto
contenti, così dicasi con il Team Ticino. Bisogna continuare a lavorare in
questo modo”.
Anche i contatti sono
proficui?
“La nostra persona di
riferimento è il CEO Pablito Bentancur. Una persona molto molto disponibile”.
Non è che la voglia
‘imboccare’… Qual è il suo augurio per un Bellinzona dai volti così poco
ticinesi?
Sorride. Il mio augurio è di vedere giovani giocatori del
territorio ticinese che hanno fatto il percorso da piccolini e in tutto quello
che è la formazione d’élite per poi approdare al Team Ticino e, speriamo,
tornare a Bellinzona in prima squadra”.
Un Bellinzona, insomma,
più autentico che possa magari far tornare la gente allo stadio?
“Sì, sono estremamente
convinta che se la squadra si arricchisce di ragazzi del territorio il pubblico
viene da sé. Arrivano i familiari, gli amici degli amici… Si rinsalderà un
senso di appartenenza”.
Buon sangue non mente. Il padre di Pamela, Sergio, è stato membro di comitato, i suoi due figli hanno giocato nelle giovanili granata per poi aggregarsi al Team Ticino. Insomma, una famiglia di appassionati. Granata! Sta anche qui la bellezza del calcio made in Ticino…