Calcio

Gli attributi di Granit Xhaka (e quelli del Cholo Simeone)

Il capitano rossocrociato, con i suoi gesti controversi, è stato il simbolo del successo sulla Serbia - Il rischio squalifica, però, è un'ombra sugli ottavi di finale
© KEYSTONE / LAURENT GILLIERON
Massimo Solari
03.12.2022 12:36

È buona abitudine, per un allenatore, non esaltare i singoli a margine di una vittoria. Sia mai che qualche compagno di squadra si offenda. Da stratega qual è, Murat Yakin ha optato per il duplice esercizio. Lodando il collettivo, certo, ma non trattenendosi dal fare tre nomi. Giocatori che hanno trascinato la Svizzera al fondamentale successo contro la Serbia. Granit Xhaka, Xherdan Shaqiri, Ricardo Rodriguez. Sì, i migliori insieme a Embolo nella folle notte al 974 di Doha. Il destino, per altro, ha voluto che il terzetto - quasi fosse un tutt’uno - firmasse un nuovo primato in rossocrociato. Undici partite ai Mondiali. Una in più di altre due leggende: Stephan Lichtsteiner e Valon Behrami. Il dato forse più significativo, tuttavia, è a tendere. Già, perché capitano, fantasista e veterano della difesa sono altresì proiettati ai vertici della classifica generale delle presenze con la maglia della Nazionale. La storia del calcio svizzero che si compie davanti ai nostri occhi. Entrando nei cuori di milioni di tifosi elvetici. Non tutti, forse. Tanti, questo è certo. Heinz Hermann è sempre lì, in testa, con 118 gettoni. Difficilmente, però, resisterà. Martedì, al cospetto del Portogallo, Shaqiri aggancerà per esempio Geiger al secondo rango, a quota 112. Mentre Rodriguez supererà sua maestà Stéphane Chapuisat, salendo in sesta posizione con 104 gare.

Jashari chi?

E Xhaka? Beh, il leader dell’Arsenal ha la centodecima nel mirino. A meno che... A meno che la commissione disciplinare della FIFA decida - piuttosto clamorosamente - di squalificarlo in vista degli ottavi. Ahia. La possibilità, invero, esiste. A maggior ragione a fronte di un gesto plateale - gli attributi mostrati alla panchina serba - e provocatorio. Oddio, l’episodio va contestualizzato. O meglio: l’intera partita andrebbe contestualizzata. Il 10 rossocrociato, in effetti, ha reagito alle ripetute provocazioni avversarie: dal pubblico al medesimo (e precedente) gesto di Vlahovic. Il tutto - suggerivamo - nel quadro di una gara ad alta tensione, chiusasi con il ct serbo Stojkovic e numerosi protagonisti in campo oramai fuori dagli stracci. Xhaka - la fascia svizzera al braccio - avrebbe naturalmente potuto rimanere impassibile per cento minuti. Cosa volete che siano fischi, pesanti insulti e mani al collo. Insomma, prendere o lasciare: il giocatore di origini albanesi sentiva il match più di tutti gli altri. Le stories postate sul proprio profilo Instagram - per tutta la giornata di venerdì - lasciavano presagire un solo approccio alla sfida: quello battagliero. Una linea che Xhaka ha deciso di seguire sino in fondo. Va da sé, assumendosene i rischi, per sé e per la Svizzera. La maglietta del giovane compagno di squadra Ardon Jashari vestita e mostrata con orgoglio al pubblico al fischio finale non è ovviamente passata inosservata. Un evidente riferimento all’eroe popolare kosovaro Adem Jashari, cofondatore dell’organizzazione paramilitare UCK e in prima linea nella lotta per l’indipendenza di Pristina dalla Serbia? Sì, no, forse. «Non c’era alcuna allusione politica» ha tagliato corto il capitano rossocrociato nel post-partita: «Ho voluto omaggiare Ardon, una promessa che sta crescendo in fretta, a cui do numerosi consigli e che merita molto rispetto per i traguardi già raggiunti».

Un precedente illustre (con multa)

Non ci credete? Beh, dimostrate il contrario. Al proposito non è comunque escluso che la FIFA apra un incarto su Xhaka e i comportamenti controversi che hanno segnato la sua prestazione. Negli scorsi giorni, d’altronde, la commissione disciplinare ha avviato diversi dossier in materia: dalla Croazia alla stessa Serbia per la bandiera nazionale con inclusa la mappa del Kosovo apparsa in spogliatoio. Nei casi in questione si fa riferimento agli articoli 11, 13 e 16 del codice disciplinare, che regolano e puniscono i comportamenti contrari al fair-play, quelli discriminatori e/o pericolosi per l’ordine pubblico. E a spaventare la Svizzera, come indicato, è lo scenario - contemplato - della squalifica per una o più gare. Il pagamento di una multa, pure possibile, non costituirebbe per contro una novità. Ricordate? A Russia 2018, dopo le celebri esultanze dell’aquila, Xhaka e Shaqiri furono puniti con 10.000 franchi ciascuno. Tornando al gesto osceno, poi, v’è un precedente illustre culminato con una sanzione pecuniaria per il suo autore. Nel 2019, l’allenatore dell’Atletico Madrid Diego Simeone si vide appioppare dalla UEFA una multa di 20.000 euro - e dunque non uno o più turni di stop - per aver indicato gli attributi dopo un gol della propria squadra realizzato alla Juventus in Champions League. Dettaglio: il Cholo - all’epoca - si rivolse al pubblico del Wanda Metropolitano, al suo pubblico, e non agli avversari.

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