Parla l’arbitro Didier Massy: «Gli insulti non mi hanno mai toccato»

Cinquanta stagioni consecutive sui pattini. Dall’età di 6 anni, Didier Massy scende sul ghiaccio ogni inverno e gli ultimi dieci li ha passati da arbitro professionista. Il prossimo aprile, a 56 anni, ha deciso di mettere fine alla sua carriera ai massimi livelli. «Non è una chiusura definitiva – sottolinea l’ex difensore bianconero – perché non posso stare senza questo sport, ma sono il più anziano in National League ed è giunto il momento di cedere il passo ai giovani».
Massy lascia un’impronta forte sul sistema e spera che altri ex giocatori possano passare dall’altra parte della barricata, all’arbitraggio: «Chi pratica l’hockey è sicuramente avvantaggiato a dirigere una partita. Il rapporto con i protagonisti è più profondo, gli aspetti tecnici sono più accessibili e il colpo d’occhio è migliore». Per questo motivo il vallesano si è messo a disposizione del capo degli arbitri, Reto Bertolotti, per sviluppare un progetto di coaching per la National League. «Vorrei che ogni arbitro potesse avere l’opportunità di giocare nelle leghe inferiori: tenere in mano un bastone, colpire il disco, fare un check, gestire il fiato tra un cambio e l’altro e, perché no, esultare per una vittoria. Sono aspetti che aiutano a valutare meglio le proprie decisioni all’interno di una partita. Senza dimenticare che la nostra condizione fisica deve sempre essere al top, perché siamo in pista per 60 minuti senza la possibilità di riposare».
In pista anche il dialetto ticinese
La comunicazione rappresenta un altro punto cardine. «Un giocatore – prosegue Massy – ti ascolta meglio quando sente che parli la sua stessa lingua. Io ho la fortuna di conoscerne quattro e talvolta in Ticino sfodero anche qualche parola di dialetto. Questo aspetto mi ha aiutato tanto nella mia carriera, anche quando a Mosca ho diretto il grande Ilya Kovalchuk. Nonostante il suo stipendio sia dieci volte più alto rispetto a quello del giocatore più pagato del campionato svizzero, è umile e corretto. All’inizio della partita mi ha detto: ‘‘Tu fai il tuo, io il mio. Ci aiutiamo’’. Ha avuto un comportamento ammirevole, e alla fine è venuto a stringermi la mano. Un esempio per quei giocatori svizzeri del terzo o del quarto blocco che discutono in maniera aggressiva ogni decisione».
Di soddisfazioni ce ne sono naturalmente anche da noi. «Il buon rapporto con i protagonisti sul ghiaccio rappresenta già un indice di gradimento, ma quando un allenatore che ha perso ti fa i complimenti, questa è la gratifica oggettiva più bella».
Le critiche e gli insulti, quando si va sul ghiaccio per arbitrare una partita, sono maggiori. «Non mi hanno mai toccato, fanno parte del gioco, come quando vestivo la maglia del Lugano. La differenza è che come arbitro giochi sempre in trasferta, non hai un pubblico amico che ti sostiene. Mi dispiace per i giovani colleghi, cerco di aiutarli. Senza arbitri non ci sarebbero le partite e tutto il sistema crollerebbe. Bisogna motivare chi fa parte di questo sistema. Allenatori, giocatori, tifosi e naturalmente anche i direttori di gara».


Qual è la pista più calda? «Per me – sorride – la Cornèr Arena, dove ho l’accoglienza peggiore. Il pubblico crede che debba fischiare a favore del Lugano perché ho avuto un passato in bianconero. Assolutamente no! Io devo essere imparziale ovunque. Normalmente, quando assegno una penalità, alzo il braccio perché vedo il fallo, poi vado a reperire il giocatore che l’ha commesso. La decisione di una penalità è istintiva e si prende ancora prima che i tifosi si rendano conto che c’è un espulso. C’è sempre chi si sente danneggiato, ma siamo un “male” necessario».
Bianconeri lanciati con l’Ambrì
Il Lugano resta nel cuore di Didier Massy. «Due titoli, il grande John Slettvoll, l’immenso presidente Geo Mantegazza. Ricordi indelebili, esperienze che ancora oggi mi aiutano a gestire il mio quotidiano di arbitro. Stupende» racconta il fischietto rossocrociato.
I bianconeri «flirtano» con la riga. «Il 7-0 di Losanna, che ho arbitrato, è un segnale forte, ma sarà dura fino alla fine, perché è un campionato equilibratissimo. Con questo spirito possono essere ottimisti».
E l’Ambrì? «Che risposta alla sconfitta di Langnau, 6-3 a Zugo. Cereda e Duca stanno facendo un ottimo lavoro, la squadra gioca bene e dà il massimo. Meritano sicuramente i playoff, anche perché un ricambio fra le prime otto ci vuole. Ma ci sarà da stringere i denti anche in Leventina».
Intanto, Didier Massy è già in semifinale. «Gioco nell’Anniviers e stiamo appunto lottando per raggiungere la finale dei playoff di Terza Lega. Mi diverto ancora e la cosa più bella è che sono al fianco dei miei figli Guillaume (33 anni) e Johann (31). Da papà, è un orgoglio speciale».
Hockey e tecnologia: bisogna migliorare
«La prova video è stata di grande aiuto, ma così com’è, ha i suoi limiti». Didier Massy spiega quanto sia difficile interpretare le immagini quando un arbitro decide di analizzare un episodio con l’ausilio della tecnologia esistente. «Vai al tavolo con il cuore a 160, il monitor è in bianco e nero ed ha le dimensioni di un fazzoletto, il pubblico vede meglio la scena sullo schermo gigante della pista e fa una pressione enorme. La decisione andrebbe presa con altri mezzi» ammette senza tanti giri di parole l’arbitro.
L’head referee vallesano, uno dei migliori a livello europeo, ha la soluzione. «Spostiamo queste situazioni in una sala tecnica dove tre-quattro specialisti hanno la possibilità di visionare gli episodi dubbi in tutta tranquillità grazie ad una tecnologia adeguata. Quindi l’arbitro in pista riceverebbe la loro decisione inconfutabile via telefono».
Una sorta di VAR per l’hockey. MySports, il canale che trasmette tutte le partite di National League, è già pronto a dar seguito al progetto. «I costi – conclude Massy – rimangono per ora lo scoglio principale al progetto, ma gli interessi sportivi sono troppo alti e sono sicuro che si possa trovare una soluzione».
Da sapere
Esperto di guida per l’ufficio della circolazione del canton Vallese, Didier Massy è nato il 5 gennaio 1963 ed è padre di tre figli (due di loro praticano hockey nell’Anniviers, in Terza Lega, assieme al padre). Il vallesano pratica l’hockey ad alto livello dal 1979, prima da giocatore professionista con Sierre, Lugano e Davos (due titoli vinti assieme ai bianconeri e due partecipazioni alla Coppa Spengler) per 286 partite di Regular Season (86 punti) e 54 di playoff (20 punti). E poi come arbitro di National League, dove ha annunciato il suo ritiro nel prossimo mese di aprile dopo dieci stagioni in veste di head referee. Da difensore vanta pure 49 presenze con la maglia della nazionale rossocrociata, con la quale ha disputato due Mondiali. Nel 2013, nel giorno del suo 50.esimo compleanno, ha diretto la finalissima dei Mondiali Under 20 in Russia fra Svezia e Stati Uniti. Ha arbitrato pure in KHL, in Svezia e in Finlandia.