Il «coltellino svizzero» del Mendrisio festeggia la sua duecentesima presenza

Facciamo un balzo all’indietro di più di 10 anni, stagione 2010/2011: il Mendrisio aveva un altro nome e dei colori sociali diversi, che tendevano la mano allo Stabio. I singoli più ascoltati in quell’anno erano tre: Waka Waka di Shakira, Un colpo all’anima di Ligabue e Baciami ancora di Jovanotti. C’era già però Giona Mazzetti, nel Mendrisio. All’inizio un giovane con poca esperienza, poi con il passare delle partite un centrocampista affidabile. Di quella squadra, ad eccezione di capitan Cataldo, non è rimasto nessun altro. Sabato contro lo Schattdorf per il tignoso numero 14 è stata la partita numero 200 con quella casacca, quella del cuore. Per l’occasione appena ha messo piede in campo ha ricevuto i galloni da capitano, con il citato Cataldo che gli ha consegnato la fascia. I momò al cospetto dell’ultima della classe non hanno sbagliato: vittoria sì striminzita per 1-0, ma tre punti in tasca molto importanti. E se per tanti quella non sarà una gara da ricordare, Mazzetti conserverà per sempre la polaroid dell’incontro.
Giona il tuttofare
Potremmo definirlo una sorta di coltellino svizzero. Mazzetti è infatti adattabile in diverse situazioni. È capitato pure sabato: con l’infortunio nei primi minuti di Tarchini mister Ardemagni si è rivolto a lui. Giona ha giocato nel ruolo di terzino destro, non certo la sua posizione naturale. «Io ci sono se la squadra ha bisogno. In stagione ho giocato al centro della mediana, da trequartista, da terzino e addirittura in porta» ci spiega il diretto interessato. E in effetti gli è capitato addirittura di indossare i guanti da portiere. Con i cambi finiti non ci ha pensato due volte ed è finito sulla linea del gol. Giona Mazzetti è così, duttile e disponibile, in campo come nella vita di tutti i giorni.
200 volte
Come detto è stata la sua duecentesima volta, un sogno e un motivo d’orgoglio. «Quando da giovanissimo ho varcato per la prima volta la porta degli spogliatoi del Comunale di Mendrisio mai avrei pensato di arrivare fin qui. Quella squadra era fortissima. Ci sono stati alti e bassi, ma non ho mai mollato, per me il Mendrisio è una famiglia. Con il passare delle stagioni era diventato per me un obiettivo concreto e sono felicissimo di averlo centrato». E in occasione della prossima partita in casa al giocatore verrà consegnata una maglia speciale. Giona nella vita di tutti i giorni fa il giardiniere. Da qualche anno ha aperto la sua attività e dalla mattina alla sera cura piante e giardini. Il manto del Comunale è casa sua. «Vero, però posso dire che ci gioco e basta, se ci lavorassi sarebbe come il prato di Wimbledon», ci risponde ridendo. Ma come si arriva a un traguardo simile? Con dedizione e lavoro, un po’ come con le piante. Se dedichi loro attenzione crescono rigogliose, se le sottovaluti muoiono. E Mazzetti - ci conferma chi lo conosce - è il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Cura e lavoro. Lavoro e cura. Anche fisicità, perché se il Dio del calcio non gli ha dato il piede del numero dieci, in campo si fa sentire. Sostanza e grinta. E tornando alla metafora del coltellino svizzero, quante volte ha salvato la squadra da situazioni spiacevoli?
Un brindisi
E adesso? Con gli impegni lavorativi che aumentano Mazzetti assicura che non è semplice riuscire a conciliare calcio e professione. «La stagione sta finendo e voglio aiutare la squadra a finirla nel miglior modo possibile. Dopo l’ultimo fischio dell’anno ci siederemo a un tavolo io e la società e decideremo in maniera molto serena. Con loro il rapporto è splendido». Tra i fedelissimi del Mendrisio c’è chi assicura che rimarrà e se non sarà con la maglia da gioco lo vedremo sicuramente nei panni del tifoso momò. Parliamo con lui dalla buvette, dove brinda con compagni e amici. E con una birretta in mano la battuta è quasi scontata. «Sicuramente l’anno prossimo mi vedrete ancora qui dopo le partite, è solo da capire se prima avrò anche giocato». E allora cheers alla bandiera del Mendrisio.