Atletica

Jacobs, la storia sulla pelle

L’uomo più veloce del mondo è l’azzurro, che ha vinto i 100 metri piani alle Olimpiadi di Tokyo - Nato negli Stati Uniti, in Texas, dall’età di due anni è vissuto sul Garda con la madre
Marcell Jacobs, 26 anni, ha vinto ieri i 100 metri piani alle Olimpiadi di Tokyo con il nuovo record europeo.
Dario Campione
01.08.2021 21:00

«L’italiano Marcell Jacobs è il nuovo uomo più veloce del mondo». L’erede di Usain Bolt. Il timbro del New York Times sulla notizia che nessuno avrebbe mai pensato di scrivere spazza via ogni cattivo pensiero. No, per chi vive oltreconfine non è un sogno. Né un film. La gara regina delle Olimpiadi, i 100 metri piani, la più bella e la più emozionante, è stata a Tokyo anche la più inattesa e imprevedibile. Poco meno di 10 secondi vissuti in totale apnea, da chi corre e da chi guarda, si sono chiusi con il trionfo di un ragazzone nato in Texas ma poco a suo agio con la lingua inglese. Un 26.enne padre di tre figli entrato di diritto nella storia dopo aver deciso di sfidare il vento.

L’Italia è in festa. Quasi incredula. Non tanto perché cinque minuti prima del fulmineo sprint di Jacobs un altro azzurro, Gianmarco Tamberi, si era messo al collo la medaglia d’oro del salto in alto ex aequo con il fenomeno qatariota Mutaz Barshim. Quanto perché nessuno, alla vigilia di questi strani Giochi dominati dalla paura e dall’ansia pandemica, si era nemmeno immaginato un simile epilogo.

I superlativi, in questo momento, si sprecano. Ed è inevitabile. Dopo qualche decennio, i padroni della velocità pura sono di nuovo sull’altro lato dell’oceano. Ed è persino difficile credere che sia vero. In realtà, qualcosa sta cambiando. Come dimostra anche quanto accaduto il giorno prima, con due atlete svizzere nella finale dei 100 donne.

Intanto, mentre gli inviati di mezzo mondo continuano a ripetere «Jacobs who?», sui siti comincia a scorrere la biografia, romanzata quanto basta, del nuovo eroe nazionale dell’Italia sportiva.

Da El Paso a Desenzano

Padre americano e madre italiana, lo sprinter azzurro è nato il 26 settembre 1994 a El Paso, sul Rio Grande, ma a due anni era già a Desenzano del Garda. Dei suoi inizi come lunghista rimangono tracce soltanto nelle tabelle di Wikipedia, dalle quali spunta pure un 11”19 stampato al meeting di Chiasso nel 2013. Tre anni dopo, a Savona, il primo tempo di un certo peso: un 10”23 che ha il sapore di una promessa finalmente in fuga dal limbo degli ignavi.

La storia di Jacobs accelera. Come la velocità della sua corsa. E l’azzurro decide di disegnarsela addosso. Sul corpo spunta una serie di tatuaggi che testimoniano i passaggi chiave di una vita comunque difficile, segnata soprattutto da un rapporto complicato con il padre; un rapporto risolto in parte soltanto negli ultimi tempi.

Sulla schiena Jacobs ha una tigre, forse l’immagine che più lo identifica con il suo spirito ribelle. E poi, sulle braccia e sul petto, le date di nascita dei tre figli e della madre, Viviana Masini, la donna che lo ha cresciuto da sola. E ancora: un mappamondo, la rosa dei venti, il verso oraziano «carpe diem», il Colosseo con un gladiatore, un inno all’amicizia e, naturalmente, i cinque cerchi delle Olimpiadi.

Marcell Jacobs è un poliziotto. Dal 2014 fa parte della squadra delle Fiamme Oro. E in Italia, gli appartenenti alle forze dell’ordine non possono, per legge, avere addosso tatuaggi. Il campione olimpico dei 100 metri è un’eccezione che difficilmente qualcuno potrà contestare.

La dedica al nonno

Pochi istanti dopo la vittoria, davanti ai cronisti, Jacobs ha dedicato la medaglia al nonno, «che non c’è più ma ha sempre creduto in me. Sono qui - ha detto stravolto dall’emozione - non so quando riuscirò davvero a realizzare, forse tra una settimana». Poi ha spiegato la genesi della corsa che gli ha cambiato la vita. «Non avevo nulla da perdere, quando ho visto Gimbo vincere l’oro mi sono gasato di brutto. Ho detto: “Perché non posso farcela anch’io?”. E ho iniziato a correre più veloce che potevo».

L’ultimo grazie è stato per Nicoletta Romanazzi, la mental coach che custodisce forse i segreti più bui dell’atleta italiano. È la persona con cui ha lavorato a fondo per “risolvere” il rapporto con il padre, che non vede da anni e con il quale si è riavvicinato come detto da pochi mesi. Un passaggio stretto, superato il quale la testa si è liberata di un peso spesso insopportabile, e le gambe hanno iniziato a volare.