Kleimann, l’opportunista con la maglia numero 2

Senza voler scomodare più di tanto il re Roger Federer, anche nel calcio regionale c’è stato un addio illustre, quello di Davide Kleimann. «Klei», come lo chiamano tutti, ha appeso le scarpette al chiodo e, un po’ come Federer, lo ha comunicato sui social. «Ci tengo a ringraziare l’amico Roger, ne abbiamo parlato e ha posticipato il suo annuncio per non intralciare il mio», ci risponde scherzosamente con il sorriso sul volto. Kleimann, oggi 38.enne, ha dedicato la sua vita alla squadra del suo paese, il Castello. Ha dovuto ritirarsi a causa di un problema al ginocchio. La domanda sorge spontanea: e adesso? «Non ci penso. Giocavo, ma soprattutto sono dirigente a Castello, e devo dire che sono più teso quando sono all’esterno del rettangolo verde. Il calcio per me è passione, ma soprattutto è il modo migliore per sfogarmi e buttare giù un po’ di pancetta». A onore di cronaca il fisico di Davide sembra quello degli anni migliori e i suoi compagni assicurano che, a dispetto della carta d’identità, quando c’era da correre era sempre in prima fila, staccando anche i calciatori più giovani.
Quella partita al Comunale
In campo non tirava mai indietro il piede, fuori dà una mano in ogni ambito della società. Cerchiamo di ripercorrere la sua carriera. Kleimann ricorda soprattutto le persone incontrate durante questo viaggio. Ma poi c’è un momento, indimenticabile, ancora vivo nella memoria. «Non posso non parlare della Coppa Svizzera - ci dice -. Per il Castello giocare una partita nel tabellone principale è stato unico. Noi, una piccola squadra di paese, al cospetto dei grandi. Era la stagione 2015-16 e al Comunale di Mendrisio sfidammo il Lugano di Zeman. Vinsero loro, facendo valere le tante categorie di differenza. Fu il coronamento di un percorso fantastico, con una rosa fatta di amici e un allenatore speciale come Damiano Meroni». Una giornata di grande sport con migliaia di persone allo stadio di Mendrisio. Quel Castello era reduce da una storica promozione in Seconda Inter. «Un’annata magica, con il campionato di Seconda vinto all’ultimo respiro».
Un numero particolare
Il viaggio di Kleimann è stato lungo ed emozionante, come tante sono state le partite che ha giocato, con la fascia al braccio e la maglia numero due. Un numero insolito per un attaccante, un po’ come il sierraleonese Kallon che giocava con il tre. «In realtà ho sempre giocato con il due perché inizialmente facevo il terzino. Quando ho cambiato ruolo ho deciso di tenere il mio numero. Perché il cambio ruolo? È una storia curiosa. A Castello nessun giocatore riceve un compenso economico, quindi non è sempre facile fare mercato e trovare nuovi innesti. Ci ritrovammo senza soluzioni in attacco e al mister venne la malsana idea di spostare il sottoscritto. In definitiva è andata bene e mi sono tolto parecchie soddisfazioni». In effetti è riuscito a gonfiare la rete con grande continuità. Lo incalziamo chiedendogli la più bella. «È difficile sceglierne una in particolare, ma non perché ho fatto tanti gol belli, più che altro perché ne ho fatti tanti brutti (ride, ndr)». Li chiamavano «gol alla Kleimann», zampate vincenti da attaccante opportunista qual era, sempre pronto a ribattere in porta una respinta maldestra o a mettere la sua firma dopo una mischia in area.
Un inizio difficile
Il Castello oggi è allenato da Gioele e Sebastiano Croci-Torti, cugini del Mattia bianconero. L’inizio è stato al di sotto delle aspettative, ma ieri è arrivata la vittoria contro il Vallemaggia. «Ve lo dicevo, soffro di più dall’esterno del campo. Venire qui e vincere non è facile, ne avevamo bisogno e speriamo che il nostro campionato possa iniziare con questi tre punti». Durante i 90’ c’è stata una palla vacante nell’area piccola della squadra di casa e lui a bordo campo ha sbracciato e allungato il piede. Se fosse stato in campo probabilmente sarebbe stato l’ennesimo «gol alla Kleimann» della sua carriera.