Alessandro Benin e il primo derby da ds: «Tanti pensieri, troppi caffè e un bel sorriso»

Più responsabilità, più telefonate, più grattacapi. «Ma soprattutto più caffeina», scherza Alessandro Benin. Da tre settimane la sua vita è cambiata e le ore di sonno si sono ridotte. Il 48.enne italiano non si è ancora spostato nell’ufficio che fu di Paolo Duca, ma per chi, come lui, ha trascorso tanti anni a lavorare in un sottoscala della vecchia Valascia, le priorità sono altre. La direzione sportiva dell’Ambrì Piotta è ormai nelle sue mani e l’impegno lo assorbe totalmente. «Ogni giorno imparo qualcosa e sblocco un nuovo ‘‘badge esperienza’’, come avviene con alcune applicazioni di tracciamento dell’attività fisica», ci racconta divertito Alessandro. «Credo che per qualsiasi ds, il primo periodo sia particolarmente intenso: hai le tue idee, ma devi capire se sono attuabili; ascolti i pareri dei colleghi, ma devi saperli filtrare e analizzare prima di sottoporli ai piani alti».
Il ruolo di direttore sportivo ad interim gli è piovuto addosso dall’oggi al domani, ma Benin non ha accettato solo per spirito di servizio: «Negli ultimi tredici anni sono stato a disposizione dell’HCAP a 360 gradi, facendo di tutto e di più. Ma in ogni carriera l’obiettivo è quello di crescere, e io non faccio eccezione. Lo stesso Duca sapeva che un giorno mi sarebbe piaciuto diventare il direttore sportivo di una squadra professionistica. Per il rapporto che avevo con Paolo e per come sono andate le cose, non è successo nel modo ideale. Però è successo. E io ero pronto».
Un lavoro da amare
Poche ore di sonno, si diceva: «I pensieri non puoi mica spegnerli», ci spiega Ale. «Fa parte del gioco e bisogna accettarlo. Per me l’hockey si basa su un concetto molto semplice: avere più voglia dell’avversario. Ma è una filosofia che vale in ogni ambito e infatti lo dico spesso ad amici e parenti che fanno tutt’altro: se nel lavoro hai sempre voglia di migliorarti, di avanzare nel ruolo e nelle responsabilità, significa che stai facendo una cosa che ti piace. Altrimenti sei nel posto sbagliato. Io desidero che i miei giocatori abbiano fame, che si divertano e che amino il proprio mestiere. Sembrerà un po’ banale, ma è l’unica ricetta vincente».
A proposito di vittorie: l’Ambrì Piotta ne ha raccolte quattro in sette partite sotto la nuova gestione tecnico-sportiva. Niente male. Le prestazioni, però, sono ancora altalenanti. «In queste prime tre settimane non potevo pretendere risposte certe», afferma Benin. «Siamo ancora in fase di analisi e la cosa più importante è mantenere il giusto equilibrio, né troppo in alto, né troppo in basso, senza farsi condizionare dai risultati. Ad esempio, il 5-1 incassato sabato a Losanna è nettamente bugiardo. Di certo non possiamo dire che quella prestazione sia stata preoccupante. Non abbiamo sfruttato le nostre occasioni, mentre i vodesi sì».
Eppur si muove
Vista da fuori, dopo il terremoto dell’8 ottobre, la società leventinese sembra entrata in una fase di stallo, in attesa di capire come avanzare. «Le cose si muovono, anche se non si vedono», assicura Benin. «Non serve allarmarsi, anche perché in 7 partite abbiamo conquistato 12 punti. Inoltre, bisogna capire che all’interno di un club esiste una gerarchia. E che il direttore sportivo non è a capo di essa. Non significa che ho le mani legate, ma devo presentare a chi sta sopra di me la mia visione a breve e lungo termine. Una visione che va studiata e analizzata. Se avessi avuto subito delle soluzioni in tasca, poteva significare due cose: che si trattasse di decisioni affrettate e non sufficientemente analizzate, oppure che mi fossi già preparato prima ad assumere questo ruolo. Il che, ovviamente, non è il caso. Le decisioni vanno ben ponderate, ma aggiorno quotidianamente i miei superiori sui vari sviluppi. Conto che a breve apporteremo delle soluzioni».
Pronto, chi parla?
Mentre parliamo, il telefono di Alessandro Benin continua a squillare. Sul computer arrivano nuove mail. E i dossier sulla scrivania si accumulano. «In questi giorni gli agenti mi contattano soprattutto per quanto riguarda il mercato svizzero e straniero in vista della prossima stagione. Le tempistiche sono queste, gli altri club mica aspettano. Per quanto riguarda eventuali rinforzi per la corrente stagione, invece, bisogna tener presente che a fine ottobre, sul mercato, ci sono solo due tipi di giocatori stranieri: quelli che non hanno ancora trovato un contratto e quelli che hanno iniziato il campionato con una squadra senza soddisfarne le attese. La terza via, quella in cui un club vuole liberarsi di uno dei suoi giocatori migliori, esiste unicamente al fantahockey. Torno quindi a ribadire quanto affermavo prima: ogni decisione va analizzata e ponderata con la massima tranquillità».
Il consiglio di Koleff
Tranquillità è un concetto che si discosta dal derby. Questa sera, Alessandro Benin lo vivrà per la prima volta da direttore sportivo ad interim: «Per questa sfida l’adrenalina sale sempre in automatico, ma a questo giro avrò qualche pensiero in più dettato dal ruolo. Come alcuni sanno, tra il 2000 e il 2003 ho lavorato per il Lugano, dove ero stato chiamato da Jim Koleff. Il mio primo derby risale quindi a 25 anni fa. Stasera, metterò in pratica uno dei tanti consigli di Jim. Ad ogni membro dell’organizzazione, dello staff, dell’amministrazione, Koleff chiedeva di dare il proprio contributo: ‘‘Qualsiasi cosa tu possa fare per aiutare i giocatori che scendono in pista, falla! Sarà il tuo assist, il tuo gol, il tuo block shot, il tuo check’’. A volte basta un piccolo incoraggiamento, un pizzico di positività. Io – pur sapendo che il mio livello di adrenalina sarà molto alto – entrerò in spogliatoio, nell’ufficio degli allenatori e nel magazzino degli addetti al materiale con un grande sorriso, dando a tutti una pacca sulle spalle. Metterò le emozioni personali da parte e penserò a quello che potrò dare alla squadra».
