Ambrì: Luke & Duke alla scoperta dell’Europa

BIASCA - Europa, basta la parola. Appena la sentono, i tifosi dell’Ambrì Piotta iniziano a sognare. E a perdersi nei ricordi. Quei tre trofei conquistati a fine anni Novanta – due Continental Cup (1998 e 1999) e una Supercoppa (1999) – hanno lasciato il segno. E anche l’esordio in Champions League, in programma domani a Monaco, scatena la fantasia del popolo biancoblù. «In Baviera avremo 800 sostenitori, forse mille», racconta il direttore sportivo Paolo Duca. «Due giorni dopo in Svezia, per la sfida col Färjestad, saranno almeno 250».
Insomma, in Leventina c’è tanta voglia di hockey internazionale: «Per i nostri tifosi la Champions è importante», sostiene il ds. «C’è affinità, non la snobbano. In passato le competizioni europee ci hanno regalato tante gioie ed è bellissimo tornarci». Luca Cereda è d’accordo: «Si rafforza l’immagine del piccolo villaggio di montagna che cerca di farsi valere contro tutto e tutti».
Quei successi vissuti da lontano
Quando l’Ambrì Piotta di Larry Huras vinse le due Continental Cup, Paolo Duca si stava affacciando alla NLA, mentre Luca Cereda era già un titolare. Nessuno dei due, però, prese parte alle mitiche Final Four di Kosice (1998) e di Berlino (1999). «Il primo anno ero appena entrato nell’orbita della prima squadra», ricorda «Duke». «Nel 1999, invece, ero ai Mondiali U20 in Svezia, insieme al Cere». Già, i Mondiali U20: anche l’anno prima Cereda era via con la giovane selezione rossocrociata: «C’erano già i telefonini – racconta il tecnico di Sementina – e dunque ero in continuo contatto con la squadra: io in Finlandia, dove conquistammo il bronzo, e i miei compagni leventinesi in Slovacchia, dove sollevarono la prima Continental Cup. Mi aggiornavano con dei messaggini. Fu davvero una grande impresa. Posso dire di aver fatto la mia parte, visto che giocai le qualificazioni alle Final Four».
Il Metallurg e la premonizione
Luca Cereda saltò anche la Supercoppa del 1999, giocata in agosto alla Valascia. «Ero in Nordamerica per uno stage», ricorda. Paolo Duca, invece, quel trofeo lo vinse sul ghiaccio. «Avevo ricevuto una delle ultime maglie disponibili per la sfida con il Metallurg Magnitogorsk», racconta il ds. Non mi è capitato spesso di avere dei presentimenti, ma la notte prima di quel match ebbi la sensazione che avremmo vinto. E così fu: 2-0 per noi, al termine di una gara interpretata benissimo. Io sprecai anche una ghiotta occasione, partendo in contropiede con Gazzaroli. Nell’estate del 2000 giocammo di nuovo la Supercoppa contro il Metallurg, stavolta in Russia: perdemmo all’overtime e visto il clima poco amichevole, forse fu meglio così (ride, ndr.)».

Un’occasione per crescere
L’Ambrì Piotta è dunque pronto per questa nuova avventura oltre i confini nazionali. «Dovremo esserlo, sin dai primissimi cambi», spiega Cereda. «Rispetto alle amichevoli saremo obbligati ad alzare subito il ritmo e a fare un passo in più. La stagione inizia ufficialmente e ora contano anche i risultati. Vogliamo giocare bene, fare bella figura. Abbiamo già analizzato i nostri primi due avversari, mentre per il Banska Bystrica c’è ancora tanto tempo. Sulla carta Monaco e Färjestad sono le due squadre più forti del Gruppo G. I tedeschi giocano un hockey molto aggressivo e fisico, mentre gli svedesi sono più tecnici e tattici. È un girone difficile, ma avremo la possibilità di imparare tanto nella gestione delle partite, dei momenti chiave, di tante piccole situazioni sul ghiaccio».
Vi è da scommettere che questo viaggio farà bene anche allo spirito di gruppo. L’allenatore lo conferma: «Non sono previste vere e proprie attività di team building, perché il programma è serrato e non ce lo consente. Staremo comunque insieme 24 ore al giorno per quattro giorni e questo fa sempre bene».
La ruggine di Rapperswil
In che stato di forma arrivano i biancoblù a questo primo match ufficiale? Sentite il coach: «Durante la preparazione è andato tutto secondo i piani e i ragazzi hanno sempre lavorato bene. Nelle amichevoli abbiamo avuto degli alti e dei bassi, ma la valutazione è positiva. Sapevamo che quella di sabato scorso a Rapperswil, persa 5-1, sarebbe stata una gara speciale. Venivamo da quattro giorni liberi, concessi dopo un carico di lavoro molto pesante, ed eravamo un po’ macchinosi. Arrugginiti. Si trattava di rimetterci in moto».
A Rapperswil, oltre agli infortunati Conz, Jelovac e Novotny, mancavano pure Zwerger e Payr. Durante il match si è poi fatto male Rohrbach (frattura del polso sinistro). Cereda e i suoi collaboratori hanno già in testa la formazione anti-Monaco? «Abbiamo qualche idea, sì, ma anche dei dubbi. Praticamente andremo in Germania con cinque blocchi. Dopo il primo allenamento lì (oggi alle 17.30, ndr.) e il warm-up di giovedì mattina, valuteremo quali 20 giocatori di movimento schierare».

Dietro le quinte della competizione
Cosa significa partecipare alla Champions Hockey League? Ce lo spiega Paolo Duca, coinvolto in prima persona nella pianificazione dell’evento: «Dal punto di vista sportivo è un’esperienza bellissima, incredibile e arricchente. Ma va contestualizzata all’interno degli altri impegni, a partire dal campionato. Bisogna dunque renderla più dinamica e snella possibile. Dopo il sorteggio dei gironi, i responsabili delle varie squadre si incontrano, si parlano, si accordano. Bisogna definire il calendario, gli orari, le questioni logistiche. Dall’organizzazione si riceve un pacchetto di disposizioni da seguire alla lettera. Ci sono tanti obblighi legati alla pista, agli sponsor, ai media, al marketing. Abbiamo un contatto quotidiano, arrivano tante mail tutti i giorni. E poi c’è l’organizzazione della trasferta: il viaggio, gli allenamenti all’estero, i pernottamenti, gli spostamenti, i pasti, le riunioni. È un impegno notevole».
Un microfono sempre acceso
Per ragioni televisive, gli allenatori saranno microfonati: «Mica ci chiedono il permesso, lo fanno e basta», chiarisce il ds. «Dovrò stare attento a ciò che dico, evitando le parolacce», scherza Luca Cereda. A Lugano, ad esempio, si ricordano bene lo sfogo di Greg Ireland, lo scorso anno a Pilsen. «È tutto live e a volte rischia di passare un messaggio sbagliato», aggiunge Duca. «Io sono favorevole a un maggior coinvolgimento dei tifosi. È bello che si possa mostrare il backstage. Ma se qualcosa va contro le regole del politicamente corretto, bisognerebbe poter correggere in tempo. Non tutti capiscono le dinamiche dello sport e dell’hockey in particolare. Alcune cose dovrebbero restare dentro lo spogliatoio».
La spesa e l’impresa
Laureato in economia, Duca sa fare bene i conti. «Come disputare una Champions senza andare in perdita? Beh, l’ideale sarebbe passare la fase a gironi, non solo dal punto di vista sportivo ma anche finanziario. Inoltre abbiamo due sponsor legati alla competizione europea, Chicco d’Oro e l’Organizzazione turistica Lago Maggiore e Valli. Ci saranno anche incassi maggiori con tre partite casalinghe molto attrattive». Che il viaggio abbia inizio.