Argento, giusto così

I sogni d’oro si spengono dopo due minuti di overtime. Sul ghiaccio volano i caschi, i bastoni e i guantoni degli americani, al loro primo titolo mondiale dopo 65 anni. Davanti alla panchina di un amareggiato Patrick Fischer, i giocatori rossocrociati possono solo guardare. Come hanno fatto per tutta la partita. Alla fine ha dovuto arrendersi anche Leonardo Genoni, protagonista di una gara incredibile, trafitto da un diagonale imprendibile di Tage Thompson. Uno da 44 gol in stagione con i Buffalo Sabres, per intenderci. Il nostro portiere è stato l’unico davvero all’altezza contro una selezione americana dominante a livello di gioco, aggressività, fisicità. Il risultato non fa una piega, anzi. Poteva finire molto prima, con un punteggio molto più pesante. Il verdetto è stato rimandato così a lungo solo grazie a San Leo, autore di 39 interventi nei 60 minuti regolamentari, compreso un rigore parato a Garland nel periodo centrale.
Sacrificio sì, qualità no
La Svizzera non ha mai saputo imporre il suo gioco e ha dovuto stringere i denti accontentandosi di una prova fatta di tanto sacrificio e poca qualità. Al primo test davvero duro di questo Mondiale, la nazionale elvetica ha dunque mostrato limiti per certi versi inattesi. Sul piano della personalità ancora prima che del gioco. I giovani hanno pagato dazio, come logico contro un avversario così forte e determinato. Ma a deludere, nell’ultimo atto, sono stati soprattutto i nostri attaccanti più quotati: Fiala, Niederreiter, Meier, Malgin, Andrighetto. L’assenza di Hischier si è fatta sentire, eccome. La difesa rossocrociata ha retto davanti alla porta, ha spazzato più che costruito. La distanza tra terzini e attaccanti ha portato a troppi dischi persi in zona neutra. Subito bloccati dalla tensione, i rossocrociati hanno commesso tantissimi errori, mancando di fluidità e di precisione. Gli USA, invece, non hanno concesso nulla. Hanno sbagliato tanto sotto porta, ma non hanno mai mollato la presa. La squadra di Fischer non ha saputo sfruttare i due power-play avuti e nemmeno gli spazi concessi da un supplementare giocato a tre contro tre. Al primo vero affondo, Thompson non ha perdonato.
Troppa tensione
La gara è un monologo. La Svizzera inizia con molta tensione addosso. Lo si capisce dai tanti piccoli errori, da una gestione del disco complessa. Al 5’09’’ Genoni compie il primo «big save», poi i rossocrociati si sciolgono un po’. All’8’32’’ Malgin viene caricato irregolarmente da Werenski. Con l’uomo in più, Niederreiter manca il tap-in vincente. Al 17’44’’ Andrighetto viene penalizzato per un ingenuo sgambetto in zona d’attacco. Il power-play americano è asfissiante, ma Genoni è un muro. L’inizio del periodo centrale rispecchia quello del primo, con il disco che sembra pesare 10 chili sul bastone dei rossocrociati. Al 25’38’’ Nazar sfugge a Fora e il ticinese lo stende. Rigore. Lo tira Garland, ma Genoni è una roccia. L’episodio non cambia l’inerzia della partita, con gli statunitensi sempre aggressivi e in controllo. Dal 33’ la pressione americana si fa insostenibile, ma la Svizzera resiste. Al 39’04’’ Thompson sgambetta ingenuamente Niederreiter, ma con l’uomo in più rischiamo di capitolare. Chi ci salva? Sempre lui, Leonardo. Nel terzo tempo riparte l’assolo a stelle e strisce. E con esso lo show di un incredibile Genoni. Al 53’45’’ Moser viene penalizzato per bastone alto, ma il box-play è perfetto. Tutto rimandato all’overtime. Dove il sogno si spezza.